Divagazioni: un convegno a cui sono stata, una favola che ho scritto e un libro per bambini

Qui a Bologna fa molto caldo oggi e io sono stata a un convegno stamattina che c’erano tante persone che parlavano di sociale e di quartieri e di comunità e io dovevo portare la mia esperienza di donne pensanti e si parlava di condivisione, di rete, di relazioni e a me pareva che fossero tutte parole che con il web hanno trovato, come dire, un’esaltazione, che al web servono e dal web possono prendere spunto. Però parlando e soprattutto ascoltando mi sono resa conto, a questo convegno, che in verità il web è percepito ancora come qualcosa che spaventa e che uno se dice che ha una community (che significa poi comunità) e che fa un lavoro trasversale che è partito dalla rete ma alla rete non si ferma e poi dice che ci sono progetti reali, fatti di persone reali che lavorano ANCHE in rete, ecco io oggi ho avuto la sensazione che questi discorsi siano ancora discorsi che fanno paura.

Che la rete sembra sempre quella cosa che toglie energie al reale, ai legami reali, mentre io sono convinta che sia un motore di diffusione fondamentale se vuoi che le idee, i progetti, la condivisione, diventino davvero pervasivi.

Credo che ci sarebbe molto da ascoltare e da dire ma mi colpisce sempre, specie se sono persone giovani, quando qualcuno tira fuori che se stai su facebook non stai nelle piazze e non frequenti la gente per davvero, perché mi verrebbe da rispondere che allora è vero anche che se stai in piazza non vedi la tua morosa e non puoi andare in biblioteca, che è uguale allo stesso modo. Ogni giorno compi una scelta e il tempo è finito, sta a te fare in modo che in ogni luogo (reale o virtuale) sia tempo di qualità. Che a me fa sempre sorridere un po’ chi dice “la chat” come se si parlasse di un luogo di perdizione, come si pensava che fossero i luoghi di perdizione virtuali quando le chat erano posti considerati per persone sole che volevano trovare da intortare e poi incontrarsi e avere facile accesso al letto del chattato di turno.

Insomma, la rete è un mezzo e tale dovrebbe rimanere. Come tutti i mezzi può essere usato bene o male.

Comunque, ecco io oggi non volevo nemmeno scriverlo un post, che ne ho scritti due su Fabularia (che pian, piano, dopo l’inizio del mio free job sto riprendendo in mano tutti quanti i progetti che ci ho qui e altrove) e quindi adesso vi saluto invitandovi ad andare a leggere i due post o anche solo uno, se non ci avete tempo.

Un post è una recensione al libro Discorso dell’orso con i testi di Cortazar e un post invece era qui e ora è anche là ed è la storia de Il paradiso delle crocchette, ovvero dove vanno i gatti quando muoiono e l’ho scritta insieme con la frollina che è la mia più grande ispiratrice.

 

5 commenti
  1. Bosina dice:

    Dai, stasera che sono sola coi poppanti – sola si fa per dire, naturalmente – me le leggo. Ho la stessa tua sensazione: quando racconti di occuparti di internet, apriti cielo, ti guardano come se fossi un ufo. Eppure io sono una che socializza moltissimo, per forza di cose, con tutti i figli che ho. Ci sono sempre stati anche quelli che vanno in biblioteca solo per tampinare: e allora? ^^

    Bacioni e… bello il discorso dei quartieri. Mi piace 🙂

  2. Mammamsterdam dice:

    L’ elemento fondamentale, di cui chi è fuori dai giochi non si può rendere conto, è di che forte strumento di aggregazione e selezione sia il web. Se sto in piazza con 100 persone e ce ne sono solo 3 di veramente interessanti, perdo anche del tempo a sentire le stronzate delle altre 97. Se sto in rete e seguo o ho contatti con 30 persone, mi interessano tutte e 30 e il bello è che le posso vedere e sentire in differita, ovvero in quei momenti in cui non sono in piazza, quindi nelle stesse 24 ho avuto contatti con 33 persone che mi sano dire cose interessanti. e poi le 30 in rete le vado a trovare, ci incontriamo, andiamo ai convegni o in vacanza insieme.

    Si, è verissima la paura di chi teme la perdita di contatti umani e il rischio di suonarsela e cantarsela da soli con il gruppettino prescelto e perdere di vista cosa muove gli altri, ma per quello abbiamo la vita a cui non possiamo sfuggire, no? E poi bisogna vedere questa gente cosa è in grado di dargli ai propri contatti umani, se da, se scambia o se toglie.

    Ora, io trovo che l’ Italia specie in provicnia abbia il concetto di compagnia come fenomeno di aggregazione, perchè basta andare all’ asilo o alle elementari con qualcuno e non spostarsi troppo dal paese in cui ci sei andato, anche se sei un rompicoglioni stronzo allucinante, qualcuno che ti si porta dietro, magari sparlandoti alle spalle per 50 anni, ce l’ hai sempre. Ecco, mollare queste certezze e farsi apprezzare per se stessi e non per le scarpe firmate, magari a chi concepisce il proprio sociale in modalità diverse, ci credo che fa paura.

  3. Elisa - Mestiere di Mamma dice:

    Mammasmsterdam voglio conoscerti e vedere che scarpe hai :DDD
    sono pienamente d’accordo con voi: a scuola (sono una precarissima prof e non solo) non mi sento dire altro che “sono tutti su internet” da genitori pieni di fifa perchè vanno ancora in bici con le rotelle (leggi: non sanno neanche accendere il pc e hanno i figli che smanettano su facebook) e insegnanti che mi dicono “ma senti, cosa mi dici tu che li usi dei social network, hai sentito cosa ha detto la Gabanelli? Meglio starne fuori”
    Ecco io la Gabanelli la stimo alla follia, ma quella volta ha un pelino esagerato e ha allargato il digital divide…
    ciao panz, sempre belle le tue riflessioni

  4. judith dice:

    L’uso della rete dipende da ognuno, ma a me pare sia una nuova maniera di communicazione piú veloce di quelle “abituali”. Inoltre, progetti nati nella Rete si “materializzano”, come esempio abbiamo il movimento “PER UNA DEMOCRAZIA REALE” partorito nella rete e cresciuto per strada prima dell’elezione dei comunali e regionale in Spagna soltanto due settimana fa.

    Personalmente, la rete mi permette di avere piú vicino amici che non posso frequentare perché abitano lontano ma non mi chiudo a casa e mi do degli appuntamenti ogni volta che posso.

    Per me la rete é il presente e il futuro.

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