Lavorare senza paura: il mio nuovo modo di affrontare gli impegni professionali

Fino a dicembre ho un periodo molto intenso di lavoro: tutti i giorni salgo su qualche treno che mi porta in un punto diverso dell’Italia (ciclicamente nello stesso, Ravenna, dove ho cominciato una collaborazione con loro) e macino chilometri. Poi spesso entro in un’aula per fare formazione, oppure mi metto a scrivere e a pensare strategie digitali, oppure incontro le persone. Non bastasse un’agenda professionalmente piena, sto continuando a presentare il mio libro e mi capita di essere un giorno a Roma, l’altro a Padova.

Luisa Carrada, io, Fabiana Sera alla presentazione di 102 chili sull’anima a Roma, Finestre sul cortile

Tutto questo rende la mia vita un po’ convulsa, tutta il contrario di quello che è stata (per mio volere) negli ultimi 9 anni.

Dopo essermi ammalata, nel 2008 e avere lungamente patito per il fastidio che mi creava la mia malattia immunitaria, avevo giurato a me stessa che avrei sempre scelto una vita slow, una vita lenta, giornate giocate sulla forza della prossimità. Lo facevo per me, lo facevo per essere sempre vicina a mia figlia nei primi anni della sua vita.

Lo facevo però anche per paura: la paura di non essere all’altezza di una situazione lavorativa stressante e competitiva. Allora ovviamente non lo sapevo, l’ho capito adesso che grazie al resto della mia storia, sono riuscita a trovare la chiave che tenevo nel taschino e con cui mi ero chiusa nella mia prigione di ansia e inadeguatezza.

É arrivata la muta e d’un tratto mi sono resa conto che tante cose me le ero impedite da sola e dato che solo su quelle posso lavorare, ho cominciato a farlo.

Ho iniziato a pensare un po’ più da “imprenditrice” e mi sono resa conto che nel lavoro che ho scelto non posso pensare di rimanere a vita dentro casa e che  – per quanto faccia una professione digitale – l’incontro con le persone è la chiave per fare prosperare progetti e per trasformare quello che so fare in una vera e propria impresa in grado di sostenermi in maniera continuativa.

Non è che oggi abbia meno paura o non mi tremino le gambe quando mi affaccio su una nuova avventura o mi si presentino 30 giornalisti a cui sto per fare lezione di digital storytelling, magari in un grosso gruppo editoriale: come in passato sento l’anima nera sussurrarmi frasi odiose che mi ricordano che probabilmente non ce la farò, ma a differenza del passato (anche abbastanza recente), oggi non mi si avviluppano più le budella e so riconoscere la coazione a ripetere del mio nucleo di insicurezza da quella che è la realtà intorno, una realtà di possibilità infinite.

E a un certo punto, in questo balletto costante che facciamo Dexter e io, decido di farla danzare un po’ ma poi l’accompagno a prendere un bicchiere di vino, la faccio sedere e io mi metto al lavoro, silenziando qualsiasi vibrazione negativa arrivi da parte sua, concentrata solo sul minuto esatto che sto vivendo, su quello che devo dire, su quello che so.

E quasi sempre le cose vanno abbastanza bene, perché mi immergo in me stessa e allo stesso tempo mi connetto con le persone che ho intorno.

Non sempre riesco a tenere la barra dritta: chi è insicuro è spesso anche molto ansioso e io, da vera tossica quale sono, sono un’ansiosa da campionato del mondo. Ogni tanto mi sveglio di notte avviluppata dal senso di colpa nei confronti di Frollina (ormai riesco ad accompagnarla e prenderla a scuola solo un giorno alla settimana), mi sento una madre snaturata e completamente assente. Comincio a pensare che non ho ancora mai visto la sua nuova maestra, che quando ricevo una mail dai genitori della classe non capisco nemmeno di cosa parlano e che è più o meno un mese che non sono io a fare la spesa.

Poi mi dico (e sapete cosa? Me lo ha detto anche mia figlia) che questo è il mio momento, che è questo l’attimo esatto in cui devo marciare, che ho faticato tanto per costruire delle potenzialità, per sviluppare delle idee e che ora è giunto il momento di raccogliere, mettendomi in gioco e che se io sorrido e mi sento soddisfatta, forse è un vantaggio anche per lei. Poi, diciamo la verità, anche se qualcuno pensa che io sia diventata ricca perché un giorno mi hanno fatto trucco e parrucco alla Rai, in realtà siamo una famiglia che si basa sul lavoro di due professionisti (uno c’ha pure un’azienda) ed è necessario che veleggiando verso i 50 anni, sia questo il momento per FARE e GUADAGNARE ciò che davvero ci meritiamo.

L’ansia arriva anche quando penso allo sport: il lunedì sera, quando scendo dal treno per Ravenna, alle 19.10 inforco velocissima la bicicletta, pedalo come non ci fosse domani e arrivo in vasca con 10 minuti di ritardo, ma arrivo. Non è sempre piacevole tutta questa corsa ma poi quando finisco l’allenamento, sto talmente bene che lo sforzo è ampiamente ripagato, è come se la mente si distendesse e gli avviluppi in cui si incastra si sciogliessero.

E così in questo periodo vado a nuoto due volte la settimana e quando non lavoro o non sono in giro per il libro il fine settimana, mentre la famiglia dorme, mi faccio una corsetta (come mi manca la corsa!).

E poi ho imparato a guardare il bicchiere mezzo pieno: tra corse per prendere treni, bicicletta verso la stazione (sono comunque 6 km da casa mia) e nuoto, alla fine faccio sport anche quando sono impegnata in altro e la fatica si trasforma, nella mia mente, in qualcosa di positivo che mi fa stare bene.

E così sono qui, giorno per giorno, momento dopo momento, cercando di non guardare se non all’impegno successivo, che come succede poi nelle mute importanti, se guardi all’obiettivo finale ne rimani travolto, mentre un passo per volta, si conquista il mondo!

Forse è solo una questione di come ci si narra, non so.

 

 

5 commenti
  1. Silvia Belli dice:

    Ciao Francesca!! Ti seguo da poco, ho letto il tuo libro, ci siamo incrociate a Poggibonsi!! In particolare penso che sia una buona cosa seguire la tecnica dei piccoli passi, fare tutto gradatamente, dandosi obiettivi calibrati…. Sei una persona energica e positiva! Hai per caso intenzione di ripetere il mini corso tecniche che hai utilizzato nel tuo percorso.? Buon tutto, Silvia. Nb vive il mini ciclamino?

    • Panzallaria dice:

      Ciao Silvia, che bello che mi hai scritto così posso ringraziarti di nuovo. Il ciclamino, malgrado me, vive e mi fa compagnia 🙂 si, il seminario Mut-azioni vorrei portarlo in giro per l’Italia se riesco.

  2. Manuela dice:

    Ciao Francesca!
    Ti seguo sempre con immenso piacere,ho letto il tuo libro e mi sono ritrovata nelle pagine.
    Leggere questo post è di nuovo un’infusione di coraggio perché anche se la paura mi attanaglia e mi autosabato pensando di non valere abbastanza per concludere qualcosa ora mi rendo conto che è il momento di agire. Di prendere il volo seguendo le mie passioni!
    Quindi grazie mille per le tue parole! 🙂

  3. Mascia dice:

    Ciao Francesca come avrai già capito è un po che ho cominciato a seguirti mi piace leggere il tuo vivere quotidiano perche’ mi ha risvegliato dal torpore in cui ero caduta .In questo ultimo anno della mia vita ho avuto seri problemi di salute e anche a me è stata diagnosticata una malattia immunitaria ma ,a darmi il colpo di grazia, è stata la diagnosi di tumore fatta a mio figlio, questo ha mandato in tilt il mio cervello e in poco tempo ho preso dieci chili dei venti che avevo perso oltre a sentirmi in colpa e inutile . Pian piano stiamo superando il peggio ma la mia vita di mamma non sara’ più la stessa .Ringrazio di averti scoperta perché con il tuo libro e i tuoi scritti sono riuscita a riprendere faticosamente in mano la mia vita perché il tuo esempio è stata la rivelazione che non è mai tardi per nessuna soluzione si può sempre provare ciao a presto

    • Panzallaria dice:

      Carissima Mascia, sono io che ringrazio te, perché il fatto che tu sia stata in ascolto di una storia “piccola” come la mia, malgrado il tuo momento, mi onora moltissimo. Ti sono vicina e mando un grande abbraccio a te e a tuo figlio. Dei chili fottitene ora, il corpo cambia e a volte ci chiede solo di amarlo incondizionatamente. Tu amati e basta.

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