Diario da un futuro imminente

Cerco di sedermi. Sono stanca. Ho viaggiato parecchio e mi fanno male le gambe. Non ho più l’età. Me lo dice sempre mia figlia quando mi telefona. Lei studia fuori. Appena possibile l’abbiamo iscritta lontano. Ogni mese appaltiamo un mezzo rene per pagare la retta della sua Università ma lo facciamo volentieri, perché speriamo possa avere un futuro diverso, in un posto diverso. Quando avevamo trent’anni pensavamo che avremmo avuto tempo. Tempo per lottare. Tempo per cambiare le cose. Ora che ne abbiamo cinquanta, ci rendiamo conto che il tempo è passato e le cose, quelle che forse in quegli anni avremmo potuto contrastare, non si possono più fermare. 

Che stupida che sono stata, che siamo stati. Nessuno ci aveva abituato a fare gruppo. Siamo nati negli anni settanta, cresciuti nei vuoti ottanta e laureati sulla fine del secolo. Abbiamo visto finire il vecchio mondo e iniziarne uno nuovo, dove la parola sindacato riguardava solo i nostri nonni e la politica si faceva nell’alcova e non in parlamento. Rimbambiti dai pompini di Clinton e dalle “galanterie” del nostro Imperatore ci siamo persi per strada molte cose, prima di tutto la coesione. Ci chiamavano precari e all’inizio se ne parlava. Almeno. Solo che noi zitti. Sempre zitti. Tanto – male che andava al call center – potevamo sempre sperare in un posticino a Cinecittà, nella casa del G. F.

Un anno un tizio, me lo ricordo bene, si menomò da solo. Credo fosse una gamba. Pur di assomigliare il più possibile a uno dei casi umani che piacevano tanto. Non aveva lavoro ed era senza una gamba. Ricordo che lessi che non entrò comunque nella casa, battuto dal sessuomane sardo che si era innamorato della sua pecora e che andava molto più di moda dei mutilati, in quella stagione. Il tizio della gamba lo trovarono suicida qualche giorno dopo che Naomi Letissia, l’ennesima presentatrice del programma più amato dalle famiglie, aveva presentato gli ultimi inquilini della casa. I giornali ne scrissero per qualche giorno, ficcando il tutto in prima pagina e poi furono distratti da altri scandali e lasciarono stare. Fabrizio Corona, allora Ministro delle attività produttive, ricordo che urlò allo scandalo: non era possibile che una notizia tanto ghiotta non fosse degnamente approfondita dalla nostra Stampa.

Un giorno ci dissero che nemmeno i precari andavano più di moda e così si smise di parlarne. Non esisteva più il problema. Fabrizio Corona, per questo, non ebbe nulla da ridire.

Oggi sono qua. In questa città che ho amato e odiato insieme. Il puzzo di ferraglia della metropolitana è sempre lo stesso. Da anni. Mi riporta indietro, come una madeleine. Mi riporta a quando ci vivevo a Milano. Mi riporta ai miei amici. Che sono qua. Alcuni.

Avrei voglia di abbracciare Adele ma lei sta facendo un giro intorno al mondo con il suo fidanzato che è un reporter. Hanno adottato un figlio una decina di anni fà e ora vogliono che veda i posti dove è nato.

Io sono sempre più stanca. Mi fanno male le gambe. Salgo sul vagone e vorrei davvero sedermi. Ma tutti i posti sono occupati. Occupatissimi.

Donne incinte in piedi, perché questo non è un vagone per donne incinte, figurarsi per povere vecchie come me…

Mi avvicino ad un ragazzino che guarda ipnotizzato lo schermo posizionato davanti a lui, dove passano immagini e scritte. Gli chiedo se può gentilmente farmi sedere, anche solo un minuto, al suo posto. Non mi reggo in piedi. Lui mastica una gomma, mi guarda solo per un attimo e poi, proprio mentre sta riposizionando lo sguardo sul video, mi chiede atono la carta d’identità.

“Scusami” gli dico. 

“Pensavo fosse un posto ad accesso libero” continuo.

“No. Qui solo milanesi.” Mi risponde lui.

Non mi guarda già più. Non mi ha mai guardata in realtà. Provo a scherzare, mentre sento un sapore amarissimo in bocca: “Però conosco la prima strofa di Oh mia bela madunina…”.

Nessuno ride. Lui mi mastica in faccia a bocca aperta e guarda il video.

Stanno passando immagini di repertorio. C’è un Presidente dell’Interno felice che ricorda della prima volta che dei clandestini furono respinti al paese (non d’origine) ma da cui erano arrivati con i barconi. E’ soddisfatto. Era felice del suo successo. 

I fotogrammi successivi riguardano alcuni uomini nerissimi che raccontano che poi, nel Paese in cui furono respinti, subirono torture per settimane, prima di essere rimpatriati.

Passa una scritta a caratteri cubitali:

CLANDESTINI: ECCO COSA SUCCEDE A CHI ENTRA IN ITALIA SENZA PERMESSO. RIMANETE NEL VOSTRO PAESE!

Mi gira la testa.

Mi manca l’aria.

Se avessi un posto a sedere.

Forse.

Forse.

Potrei almeno morire comoda.

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18 commenti
  1. elisa dice:

    Già, se ne parla tanto di questo mondo che va a rotoli, dell’integrazione con l’altro, extracomunitario o no, della sinistra che s’è persa..Sinistraaaa!!!dove seiii????
    Allora, l’altro giorno, io e una mia collega facevamo un discorso sul fatto che sono spariti dalla nostra società i punti di aggregazione. Non so da voi a Bologna, ma da noi a Venezia ci si incontrava nei campi. Tutto finito. La verità è che ormai i forum si fanno solo in rete (che per carità va bene anche quello, ma non è sufficiente), che non ci sono più luoghi di incontro diffuso, che potevano essere le feste dell’Unità o la parrocchia, in cui ti accorgevi che anche il diverso da te…non era poi così diverso.
    La nostra generazione, quella nata nei settanta, era meravigliosamente (e spaventosamente) apolitica. Però c’era contatto, incontro, confronto. Mi pare che ora sia tutto più chiuso, incasellato. Forse la sinistra dovrebbe ripartire da qui. Punti di aggregazione diffusi. Allora, magari, ricominceremmo a VEDERE l’altro, a cominciare a conoscerlo.
    Scusa se mi sono dilungata, ma i tuoi spunti sono davvero interessanti.

  2. angela e giorgia dice:

    brava…è tutto così realistico…e tragico.
    come le tante cazzate che fanno e dicono.
    e ne sono pure compiaciuti e lieti.
    brava.

  3. cg dice:

    Io sto in una fase cara Panz in cui la vedo anche più tragica di così…
    Per la prima volta in tutta la mia vita quest’anno non voterò nemmeno..

  4. elisa dice:

    cara cg, io quella fase l’ho già passata.non lo fare! Quest’anno torno a votare. meglio dire qualcosa che non dire niente.

  5. pensataaddosso dice:

    quanto è brutto il nostro paese su certi argomenti, per fortuna non su tutti, ma quando finirà questa “caduta libera”? che angoscia!

  6. elisa dice:

    Certo, mi farebbe molto piacere. Non sono una che mastica molto di informatica (e neppure di “galateo virtuale”ho sempre timore di qualche ingenuità), ma il mio indirizzo e -mail dovresti trovarlo sotto il mio profilo.
    Cmq. ci ho pensato a lungo a questa cosa, ho anche asclotato l’intervista di Scalfari a 8 e 1/2 che parlava di una nuova opera pedagogica sulla e alla base. Il problema è che è tutto da rifare, che bisogna partire dal basso, perche non si può pensare di battere Berlusconi e la nuova destra con le sue stesse armi.La lotta è impari.
    Che bisogna, insomma, di nuovo faticare e muovere il sig. didietro.
    Dispotissima a discuterne.
    A presto.

  7. La Lena dice:

    sì, stai facendo tanto per risvegliare e cominciare a realizzare quella coesione di cui parli. diffondo.

  8. Panzallaria dice:

    sono d’accordo con elisa su tutto. mi ha fatto molto pensare il tuo commento sulla coesione e i punti di aggregazione…dovremmo parlare di ipotesi e proposte concrete. magari le mandiamo all’opposizione. che ne dici? ci sentiamo via mail?
    e credo che non votare non sia mai la risposta giusta, ma questo è il mio parere

  9. Stefania dice:

    …mamma mia Panz che spavento! avevo iniziato a leggere distrattamente e soprattutto non avevo notato il titolo, per cui quando ho capito che non si trattava di una storia vera ho tirato un respiro di sollievo…si ma è durato poco perchè questo racconto è così verosimile che qui c’è poco da rilassarsi. Mi sono lasciata davvero coinvolgere da questo post che adesso avrei bisogno di una bella notizia, un pò come fanno alla fine di “Report”.
    Vi prego ditemi che c’è ancora speranza.
    Stefania mamma di Vittoria

  10. tanaka dice:

    Salvala. Stampala. Mettila in una busta e scrivici sopra “per Frollina” più l’anno in cui più o meno dovrà iniziare l’università (non oso fare i conti, per cui te li lascio fare).
    E speriamo che, quando aprirà quella busta nel treno verso la sua città universitaria e la leggerà, le venga da ridere perché le cose sono completamente diverse (“che pessimista, la mia mamma!”) e non da piangere perché c’hai azzeccato.

  11. Chiara dice:

    Sinistra??? Fassino pare abbia detto che il respingimento era legittimo. Io sono sconcertata e terrorizzata.

  12. eppifemili dice:

    la situazione è davvero pesante.
    anche chi ha degli ideali (e non sono molti quelli che ce l’hanno) non si riconosce in nessuno e niente…è drammatico !

  13. Mammafelice dice:

    Brecht:

    Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
    e fui contento, perché rubacchiavano.
    Poi vennero a prendere gli ebrei
    e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
    Poi vennero a prendere gli omosessuali,
    e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
    Poi vennero a prendere i comunisti,
    e io non dissi niente, perché non ero comunista.
    Un giorno vennero a prendere me,
    e non c’era rimasto nessuno a protestare.

    Grazie, Panz.
    Grazie.

  14. elena dice:

    Purtroppo non è tanto distante dalla realtà che avremo ben presto, se contueremo ad avere questa classe politica (….i “giovani” politici promettono moooolto bene: stanno studiando per rimpazzare i “vecchi”: vedi giovani leghisti!)
    Ve lo dice una cinquantenne politicamente disillusa!
    Elena

  15. Anna dice:

    A me quasi viene da piangere.
    Condivido in pieno i commenti di Elisa, e ovviamente anche la concretezza di Panzallaria. Credo che la ricostruzione della sinistra (perché diciamolo, la sinistra oggi in Italia non c’è) debba partire dalla base, o dal basso, come si diceva a scuola.
    In questi mesi sono all’estero e, lo so che è banale, ma l’Italia vista da qui mette molta tristezza. Non vedo l’ora di tornare a Bologna per provare a contribuire, in qualche modo, a migliorare le cose: sono fermamente convinta del fatto che se vogliamo davvero qualcosa, il modo migliore per procurarcelo è impegnarci in prima persona. Quindi, per quel poco che posso fare, tenetemi presente!

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