Il mio primo bar camp visto da casa: Rome Camp 2008

I Bar Camp. Non conferenze costruite con contenuti proposti dai partecipanti stessi. Dal basso, come piace dire a noi blogger, anche se il termine – oltre che abusato – ricorda caratteristiche nanesche di ben altro tipo.

Ieri e oggi a Roma si è tenuto il primo Bar Camp che è entrato nell’Università. Un evento costruito e organizzato proprio come si farebbe con una fiera o una conferenza. Per la prima volta la blogosfera ha conquistato, in massa l’istituto universitario (quello che fino a poco tempo fa era inattaccabile alla logica del basso, troppo attento a non pestare i piedi ai baroni).

Ma la comunicazione cambia e la “generazione delle idee” come ha definito Luca De Biase un certo tipo di persone che costruiscono progetti in maniera social sta sovvertendo il marketing, la progettazione e i rapporti professionali, sempre più basati sulle conversazioni.

Il mondo non è mai stato tanto conversazionale come ora: blog, facebook, twitter e ogni forma di social network costituiscono ormai parte delle nostre relazioni.  Io stessa, ad essere sincera, sto aprendo la mia vita professionale grazie a questo blog. Coltivo idee e progetti basati sull’etica del dono, impegnandomi molto nella loro riuscita e sperando che oltre a contribuire ad aggiungere contenuto di qualità possano arricchire la mia Rete.

Al Rome Camp si parla soprattutto di questo: cambiamenti, idee per migliorare la qualità della vita di tutti e reti che si allargano, irradiando contenuti di qualità.

Il Rome Camp visto da casa manca però dell’aspetto intrinsicamente più affascinante per molti di questo evento: la socialità.

Perché, almeno da quel che dicono i blogger avezzi a certi eventi, i bar camp sono soprattutto la birra presa prima o dopo. Il caffè rubato alla pausa insieme al tuo network e le “chiacchiere da corridoio” che spesso incrementano rapporti, anche professionali e fanno nascere idee.

Ma va bene. Io non sono poi un animale estremamente propenso a questo tipo di socialità.

Va bene soprattutto quando, grazie al collegamento tv del Cannocchiale, riesco a vedere presentazioni interessanti come quella del prof. Carlo Alberto Pratesi che sottolinea come in Italia abbiamo un serbatoio grandioso di idee ma che spesso non siamo in grado di trasformarle in progetti e prodotti.

Lui racconta di quello che succede in Finlandia, di come si è voluta sperimentare la relazione come principale fonte di realizzazione di un’idea di successo. Ingegneri, architetti e fashion designer si sono trasferiti in un incubatore dove hanno vissuto per mesi a stretto contatto: lavoro, tempo libero, pranzo, cena.

Proprio durante le pause in mensa, l’ingegnere e l’architetto, parlando tra loro, da punti di vista diversi, hanno arricchito ciascuno il proprio bagaglio e ideato prodotti all’avanguardia, subito dopo realizzati.

A sottolineare come gli steccati, le specializzazioni che tanto piacciono alla nostra Destra e che si vogliono imporre alla scalcinata scuola italiana, rischiano di chiudere la porta all’osmosi delle idee e dei talenti.

Ho sentito tante cose al Rome Camp. Alcune mi hanno esaltata, altre meno. Di certo – al di là dei pettegolezzi, del sensazionale e del marketing – un evento di questa portata sottolinea come, davvero, è dall’informazione dei blog che arrivano oggi le migliori e maggiori sollecitazioni.

Il media fatto in casa sta voracemente mangiando l’istituzione, abbattendo confini e etichette.

Una cosa sola mi ha lasciato molto perplessa del mio RomeCamp fatto in casa. Mi hanno segnalato (e volevo farlo per lavoro anche) una presentazione di Ikaro su blog e censura che deve essere stata estremamente illuminante. Entusiasta ho tentato di collegarmi alla tv del cannocchiale per vedermela tutta. Purtroppo il file non si trova e l’applicazione flash gira a vuoto.

Non mi sono persa d’animo e ho cercato una mail, un modo per contattare la redazione televisiva o l’organizzazione del Camp. Ne’ dal link della televisione, ne’ sul sito dell’evento ho trovato il modo per mettermi in contatto con qualcuno.

Roba che in tempi web 2.0 fa ridere. Soprattutto se ti succede quando il web 2.0 è letteralmente “all’ordine del giorno”.

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E io me la sono presa in saccoccia!…