La creatività, secondo me

Mi sto riprendendo da una bella influenza fatta di asma e bronchite, anche frollina ha avuto giorni sgualciti che ci siamo passate a tentare di recuperare forze e salute.

Troppi film per lei, molti giochi insieme e una buona dose di lettura per me.

Da un po’ di tempo mi affascina molto il concetto di pensiero laterale e creatività, forse perché a causa di questo pallino delle favole che mi è venuto, mi concentro spesso sulla mia scatola della fantasia e sull’atto creativo.

Sto leggendo In una notte di luna vuota di Marco Dallari e Creatività e pensiero laterale di Edward De Bono e ci ho trovato dentro grande ispirazione per riflettere sul concetto di creatività e su quello che è – per me – la creatività.

La creatività è popolare.

Un’accezione un po’ romantica e strumentale dell’atto creativo ha normalizzato il concetto di creatività come appannaggio di pochi “ispirati”, come gesto finalizzato a creare qualcosa di artistico o produttivo con un fine specifico, che diventa parte di un contesto in cui è pubblicamente accreditato come gesto creativo.

Mi ha fatto piacere leggere – in questi due testi, davvero ricchi di spunti – che esistono studi e correnti di pensiero che invece cercano di recuperare a ogni individuo la creatività.

Pare oggi importante sottolineare come il pensiero creativo non possa essere riconosciuto come tale solo quando diviene produttivo e legato al fare, al costruire e al produrre, ma sia rintracciabile anche in certe modalità di pensare, di guardare, di interpretare. (…) La ricezione, il modo di guardare le cose, il mondo, e anche la nostra immagine allo specchio, può avere i caratteri della creatività se pratica la via del pensiero metaforico e della divergenza, oppure può essere convergente e convenzionale, quando il giudizio e la riorganizzazione vissuta di ciò che l’esperienza percettiva ci offre si limita al riconoscimento e consiste solamente in una classificazione canonica e normativa del percepito.  (DALLARI)

Oggi più che mai sarebbe davvero importante che ciascuno di noi pensasse a se stesso come a una persona in grado di avere un approccio creativo alla vita, al mondo, a ciò che vede, alla cultura. Perché il pensiero laterale, alla base della creatività è resistente,  rivoluzionario, mette in moto un meccanismo di conoscenza della realtà non scontato ma ricco di sfumature, al contrario del pensiero verticale che assolutizza i processi per renderli routine.

Il pensiero laterale è quello caratterizzato dalla capacità di interrompere il flusso lineare del suo procedere cercando stimoli e soluzione che inizialmente possono apparire logicamente inadeguate ma si configurano come curiose, paradossali, esteticamente interessanti, o anche solo differenti. Procede come se dicesse “E se invece…” e crea, accanto al procedimento lineare, intersecazioni, ramificazioni, digressioni, capaci di configurare altre vie possibili, più originali e fantasiose, quando non esplicitamente rivoluzionarie e oppositive. (DALLARI)

Se per un attimo mettiamo da parte il senso di inadeguatezza che contraddistingue questo tempo e che ci ha reso individualisti e salottieri (nel senso che non ci schiodiamo dal nostro divano ;-)) possiamo vedere in quante cose, in quanti modi possiamo esercitare il nostro pensiero laterale, mettere a frutto la creatività che dorme dentro di noi.

Basta davvero guardare. Semplicemente guardare. Senza che le immagini ci scorrano semplicemente davanti agli occhi. Basta tirare fuori la voglia di concretizzare un’idea o semplicemente di pensarla, farla crescere e darle uno sfogo, come ad esempio un semplice giro in bicicletta tra filari di pioppi.

Ultimamente mi capita che qualcuno mi dica che lo metto a disagio perché faccio tante cose, perché scrivo, per donne pensanti, per lo spettacolo. Soffro sempre molto, specie quando a dirmi queste cose è un amico a cui tengo particolarmente. Mi piacerebbe comunicare DAVVERO il fatto che non sono una persona “speciale”, ne’ mi ritengo tale, che faccio tante cose perché sono una incosciente e il tappo del mio pensiero laterale (ora posso dargli finalmente un nome!) è stato finalmente tolto, dopo anni in cui mi sono sentita troppo piccola, ignorante, banale, stupida, sciocca, per farlo e che ci sono molte idee, molti sogni e molti progetti che vogliono uscire e prendere forma.

Ed è così. Sono un’incosciente prevalentemente. Penso fortemente di avere uguale diritto di espressione di un artista, di un poeta, di uno scrittore. Ci provo perché – in quanto essere umano – è l’unico modo che ho per oppormi al brutto, per dare un mio contributo, per costruirmi come persona imparando è FRUIRE il mondo, masticarlo, elaborarlo, mettendoci un pezzettino di me, di quello che sento e sono.

Molte delle persone che mi dicono che li metto a disagio con tutta questa mia produzione, non lo sanno ma sono persone che ammiro profondamente, che quando guardo al modo in cui osservano il mondo, alle loro doti, anche solo a come tengono una penna in mano o si passano le dita tra i capelli, io rimango del tutto estasiata perché vedo uno sguardo inusuale, affatto scontato, perché mi insegnano ogni giorno qualcosa, anche solo con un sorriso.

Forse mi sbaglio ma ci credo.

Credo che la creatività debba tornare ad essere popolare. Fortemente. Facciamola uscire dai luoghi polverosi in cui l’abbiamo relegata. E’ questo il momento di farla scendere in piazza, di riportarla in mezzo alle case, di condividerla.

E’ l’antidoto di cui disponiamo per contrastare questi tempi bui e risiede proprio dentro ognuno di noi.

Forse per questo ho sposato con entusiasmo l’iniziativa di Giorgia Poetry Attack in occasione dell’8 marzo e penso che sia bellissimo se scenderemo, in tanti, in piazza, con una poesia al collo o declamandola sull’autobus.

Forse per questo credo nella forza dell’ironia che apparentemente suscita risate ma è dotata di peso specifico e incita la riflessione molto più di un saggio economico.

E devo dire che mi ha fatto molto piacere, pensandoci, leggere anche questo:

L’ironia è un congegno intellettuale e cognitivo prezioso, tipicamente laterale, perché mentre conserva l’interpretazione canonica e pragmatica di qualcosa, di un testo, di un discorso, ne elabora, a lato, un’altra che ne problematizza, sorridendo, la pretesa univocità. L’ironia è la via lieve che conduce verso la complessità nel panorama plurale dei giudizi possibili. (DALLARI)