La caldaia


Dopo anni di onorato servizio, prima presso la nonna di Tino e poi presso la famiglia Panzallaria, la nostra caldaia ci lascia.

Non prima di aver agonizzato per alcuni mesi, facendoci sperare in una sua ripresa.
Da 3 anni d’estate non funziona l’acqua calda: mistero che nemmeno il caldaista è riuscito a comprendere, perché poi d’inverno ricominciava a far caldino.
Quest’estate ha cominciato a dare i primi segni di cedimento assoluto: nemmeno mettendo su Test la manopola riusciamo ad avere una temperatura accettabile per la doccia, che non faccia arrivare i pinguini dal Polo.

Da una settimana, nel profondo della notte si accende il riscaldamento. Io penso che siano le caldane da gravida – Tino non lo tira giù dal letto nemmeno la Banda Osiris che suona in salotto – resisto qualche tempo, rigirando il mio panzone nelle lenzuola, poi mi alzo e mi accorgo che sembra che abbiano accesso otto camini in un villino di alta montagna.

Lei, come a ribadire ciò per cui l’hanno creata, è partita. Non solo c’è acqua calda a go go – che bisognerebbe farsi il doccino alle 4 del mattino – ma una temperatura tropicale avvolge tutta la casa.
Lei è così: una vecchia capricciosa.

Ma è giunta ora di pensionarla. Perché – a causa dei suoi capricci – dobbiam riempire pentoloni e scaldarli sul fuoco, se vogliamo lavarci l’ascella senza che da essa scendano poi stalagtiti di ghiaccio…

Ci spiace ma è così. Mi piange il cuore per la vecchia ciabatta, che con i suoi rumori bofonchiosi riempie la casa di allegria, ma bisogna saper scegliere il momento per andarsene con gloria.
E l’arrivo quasi imminente – 10 settimane! – di Frolly lo impone.

Ieri sera Tino ha chiamato l’arkeologo (il nostro amico caldaista) per un consiglio: lui che è sempre persona molto gentile e disponibile, pur non seguento impianti domestici, ha detto che verrà lui a farci il lavoro. Così risparmiamo qualche euro. Che siamo diventati un colabrodo di soldi ultimamente, tra gatti da operare, macchine da riparare continuamente e caldaie in alzaimer!.

Mentre era al telefono che disquisivano sulle diverse possibili soluzioni e posizionamenti del nuovo oggetto di design che presto arriverà, ho visto l’occhietto nero di Tino illuminarsi, come quando si chiude nell’armadio e si infila la tutina di Uomo attrezzo….

La trasformazione era avvenuta in men che non si dica e con la bava alla bocca ha detto all’arkeologo: “comunque io ne ho uno di 70 cm…posso bucare dove voglio….mi permetti di aiutarti?”…

e se dapprima ho pensato che l’avessero arruolato per qualche film porno, poi – Ai no’ mai cichen! – ho capito che stava parlando della punta del suo trapano, fido compagno dei giorni più tristi e anche più felici…

E ho compreso che nulla può l’amore di una dolce fanciulla che porta in grembo suo figlio, di fronte al potere perverso e al richiamo di tubi da smontare, buchi nel muro e stucco da passare…

Tra me e l’uomo attrezzo ci sarà sempre un’ombra ad offuscare l’amore perfetto: il suo trapano rosso fuoco, che rompe il silenzio con il suo potente rombo, Supercar dell’uomo attrezzo, Ferrari dei chiodini e delle caldaie….

A me non resta che tirare fuori il ferro da stiro, per trasformarmi nella casalinga manager che latente vive in me….ma questa è un’altra storia….

2 commenti
  1. adelina dice:

    Che ne sarà di lei??? Credete davvero che l’arKeologo sia un idraulico? Non temete che possa rivenderla sul mercato nero insieme ai reperti usurpati nei musei di Baghdad???

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