Nell’imparare

C’è una parte della mia vita sepolta nella memoria profonda, di cui parlo poco ma che mi ha segnato.
Il nocciolo della me stessa che sono.

Ho fatto parte di una squadra di nuoto agonistico dagli 8 ai 18 anni. E’ stato un periodo di grandi sogni, grandi amicizie e grande affetto per le persone con cui condividevo la mia passione.
C’erano le gare e le trasferte con il pulmino della squadra, che io ero l’addetta al canto e mi inventavo improponibili canzoncine in giapponese: litanie che duravano ore, mentre tutti volevano buttarmi fuori a pedate.

E c’erano gli allenamenti; c’erano quei lunghi pomeriggi in piscina, mentre dalla vetrata filtrava la luce in acqua e io allenavo il mio corpo con le vasche e la mente con il latino, che ripassavo a memoria.
Gli allenamenti e i compagni di squadra. I primi con cui abbiamo fatto la gara di rutti. I primi di cui mi sono innamorata. Le migliori amiche. L’universo maschile visto attraverso la lente della goliardata…

E poi c’era lui. L’allenatore. Un padre per me.
A ripensarci mi fa ridere. Quando sono entrata nella squadra lui aveva 18 anni. Dieci più della sottoscritta. A me sembrava un omaccione; una persona a cui avrei affidato ogni segreto, di cui avevo stima, rispetto e con cui mi sentivo sicura.
Mio padre queste cose non me le ha mai date. Non so bene perché, ma è andata così. Questa è comunque un’altra storia che non voglio raccontare.

Voglio raccontare di lui. Paolo.
Una matta voglia di vivere, un fratello che aveva schivato la droga e una mamma che se ne era andata quando lui era molto giovane.
Un sorriso contagioso.
E la capacità di credere nello sport, nel suo valore educativo e nella bellezza di fare qualcosa con purezza…

Ricordo che prima degli allenamenti, per preparci alla vita – non solo come sportivi – a noi ragazzine faceva “lezioni di sesso”.
Prendeva “Dolly”, il giornalino che leggevamo noi 14enni e da lì si partiva a parlare del primo bacio, dei metodi anticoncezionali e così via.
Perché non voleva che ci capitassero brutte cose. Perché ci proteggeva da quel pazzo mondo che erano gli anni ottanta.
Nei paesi come il nostro, allora, l’eroina la faceva da padrona.
O sceglievi la parrocchia, o lo sport, oppure l’ero.
Noi avevamo scelto lo sport. Lui ci teneva che proseguissimo su quella strada.

Ognuno di noi per lui era speciale. Io ero la “gigiulona”.
Perché mi imbalzavo sempre nei miei piedi. Perché ero caciarona. E perché mi piaceva far la giullare per i miei amici.

Lui mi diceva che dovevo scrivere un romanzo. Per via di tutti quei libri zuccherosi che scrivevo in gran segreto e per quei diari. Tanto grandi e pieni di parole da non riuscire a stare chiusi.

lui mi diceva che la mia fantasia era colorata e che non dovevo perderla quando sarei diventata una donna.
“Non dimenticarti della fantasia, gigiulona, perché è un dono!”
Per ognuno aveva una parola.
Ci sentivamo speciali. Davamo il meglio grazie a lui.
L’anno che fece i militari e venne un altro allenatore a sostituirlo, fu un anno molto difficile.
Perché il nuoto era una passione, ma lo era tanto grazie a lui.

Quando fu eletto assessore allo sport del mio paese dovette lasciare la sua attività di allenatore.
Pian piano mi allontanai anche io dalla squadra.
Tra l’altro c’era l’esame di maturità. Dovevo studiare tanto.
Il mio fidanzato dell’epoca mi aveva lasciata. Il primo amore.
Avevo il cuore a pezzi e visto che il primo amore era in squadra con me, facevo fatica a nuotare. Pensavo sempre a lui.

Paolo mi ha insegnato a essere quella che sono. A ridere di me, a prendere la vita con ironia. Paolo mi dava quegli abbracci forti e caldi che non mi dava mio padre. Lui lo sapeva e aveva per me una cura particolare.
Una volta, avevo 13 anni, stavamo tornando a casa da una gara di nuoto in auto. Tutti dormivano. Tranne lui e una nostra compagna di squadra che era già grande, aveva 20 anni.
Pensavano che dormissi anche io e loro si sono messi a parlare tra loro. Di robe da grandi: un’avventura di sesso di Paolo.
Io, che invece non dormivo, me ne sono stata zitta tutto il tempo, poi ad un certo punto, bella come il sole, ho dato il mio parere.

Paolo è sbiancato.
E’ stato male una settimana per quello che avevo sentito. Aveva paura di avermi turbata. Era un padre naturale per noi.
Gli veniva bene. Tanto bene che noi – per scherzo – durante le trasferte lo chiamavamo papà davanti al benzinaio per farlo arrabbiare…

Poi è arrivata la maturità. Il giorno dei miei esami. L’ho incontrato, a bordo della sua moto, un paio di giorni prima. Ricordo il sorriso. Ricordo che parlammo di Mediterraneo, il film di Salvatores e delle vacanze.

Il giorno del mio esame, che avevo voglia di andargli a dire che era andata bene, che ero “matura”, lui è volato via.
Al bordo di quel fiume dove andavamo a fare le feste, le sere d’estate. Le mie prime feste, che lui era così bravo ad organizzare.
Uno choc anafilattico.
Per un ragazzone di 30 anni. Con il fisico massiccio, il naso importante e gli occhi buoni.
Se ne è andato in un attimo.
Senza che nessuno potesse fare niente.
Volato in cielo. Puf!

Non ero pronta. Volevo che mi raccontasse altre storie. Del sesso sapevo ancora troppo poco. Come della vita.

Ho sofferto tanto. Ma ho avuto la grossa opportunità di conoscerlo. Di imparare.
Di diventare – anche grazie a lui – la donna che sono.
Di amare la vita. Di credere nel lavoro di squadra.
Di conoscere un padre che – con orgoglio – mi ha insegnato tanto.

Piango ancora, ogni tanto. Anche se sono passati molti anni. Ma mi ritengo fortunata. Penso che ho avuto una grande chanche…

Perché è nell’andare di chi amiamo che ne misuriamo la grandezza.
Non si è mai pronti alla morte degli altri; soprattutto a quella di chi amiamo molto.
Ci sono due possibilità: cercare di dimenticare o ricordare tutto quello che ci hanno dato le persone che se ne vanno.

Perché è solo nel ricordo che la vita fa il suo giro. E l’imparare passa da cuore a cuore…

Dedico questo post al mio amico P. che ha recentemente perso suo padre…uomo dai grandi insegnamenti….

10 commenti
  1. Romi dice:

    Lo sport è un valore e le persone che lo hanno condiviso a mio avviso hanno una marcia in più. Sana competizione, amicizia, sacrificio per il raggiungimento di un traguardo fanno parte della vita. Ritieniti fortunata ad aver incontrato un “vero allenatore” come dovrebbero essere gli insegnanti a scuola, capace di trasmetterti tutti i valori che ti porterai dentro per sempre.
    Pensi di portare frollina in piscina???? un abbraccio grosso. Romi.

  2. Panzallaria dice:

    Frollina inizierà il suo primo corso di nuoto il mese prossimo, con l’acquaticità…e non vedo l’ora!!! perché quando insegnavo nuoto, insegnavo proprio ai neonati ed è stata un’esperienza bellissima…

    e poi l’acqua è nell’animo della mamma, speriamo piaccia anche alla figlia!
    😉

  3. La Meringa dice:

    Lui non ha sofferto e ti ha lasciato tanti semi buoni per il futuro.
    So cosa significa perdere un padre e non dirgli addio…perché accade all’improvviso. Ma so anche che resta qui dentro, in ogni momento, il nocciolo.
    Un abbraccio

  4. ipazia dice:

    panzallaria! ho idea che davvero io e te qualcosa in comune l’abbiamo (se non altro parte dei luoghi). Di Paolo mi ricordo, vagamente, l’avevo visto un paio di volte. e anche me sembrò assurda, una fatalità terribile.

  5. Panzallaria dice:

    cara Ipazia, dimmi che anche tu sei del “paesello natio” della sottoscritta???
    mi sa che allora di faccia ci conosciamo, perché io poi ho pure fatto lettere e – a quanto mi sembra – anche tu sei una fine umanista…

  6. ipazia dice:

    allora 🙂 non sono nata dove vivo.
    insomma non sono nata a bologna, anche se ci vivo da quando avevo dieci anni.
    Insomma, ci vivo, non proprio a bologna, nei dintorni.
    insomma, diciamo nei dintorni in direzione di firenze 🙂
    insomma, diciamo che la mia direttrice per entrare in città è via toscana. (e diciamolo!)
    insomma, lettere…io ho fatto filosofia.
    eh, insomma, ci conosciamo di faccia? forse, ma ho il sospetto che tu sia di una generazione diversa dalla mia.
    insomma, più giovane 🙂

  7. ipazia dice:

    non saprei, io non ci sono nata. sono nata altrove 🙂

    però ho idea che abbiamo entrambe capito che paese è!

    resta solo da stabilire quando ci troviamo per un caffe’, con cuccioli al seguito!
    ipazia

  8. lucilla dice:

    panzabella,leggo questo ed altri post mentre vago nella tua casa nuova dove ho trovato un posticino anche per me. Grazie. Le cose succedono a caso, mi domando? questo post m’ha fatto commuovere e mi costringe a pensare a cose importanti, forse è il momento, forse sta capitando e basta, io ti leggo, un po’ mi specchio, un po’ rido. Ti abbraccio

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