Dieci anni fa

Dieci anni fa. Era il 1997.
Un periodo strano per me; di grande cambiamento interiore.
Mi ero stancata un po’ del personaggio che mi ero creata; mi ero stancata di essere sempre la giullare un po’ sciocchina dei gruppi e anche di avere dei moti di dolore interiore così violenti.

Ero stanca di soffrire; una sofferenza antica che non trovava requie. Un senso di mancanza.
Mancanza di qualcosa che non poteva esistere ma che io mi ostinavo a cercare.

Lo cercavo soprattutto negli altri. In chiunque.
Non riuscivo a stare sola, 10 anni fa.
Il cuore cominciava a battermi e il respiro si faceva affannoso, avevo paura di perdermi, di essere sommersa dall’angoscia.

In compagnia, invece, ero una gran galletta, 10 anni fa.
Per non parlare di quanto facessi la vamp fintoalternativa con gli omarelli.

Dieci anni fa chiedevo scusa per tutto. E volevo emanciparmi; da me stessa.
Dieci anni fa andavo a vivere con un’amica: una mia compagna del liceo.
Eravamo molto legate, 10 anni fa. Iniziava un periodo in cui saremmo state come sorelle. Unendo le nostre, diverse, solitudini.
Allora non sapevo che un giorno lei avrebbe smesso di parlarmi, di trattarmi da persona verso cui poteva dare e ricevere fiducia e mi avrebbe cacciato dalla sua vita, senza che io sappia ancora il perché.

Dieci anni fa volevo mollare l’università: da troppo tempo mi trascinavo, da troppo tempo mi sentivo inadatta e temevo di non essere all’altezza di una laurea.

Dieci anni fa lavoravo, ormai da 4 anni, nello stesso posto: il mio porto sicuro.
Un lavoro che non amavo ( e come si fa ad amare un lavoro così?) ma un ambiente in cui mi sentivo coccolata e raccolta tra amici.
Avevo avuto una storia importante, dieci anni fa.
Finita male per colpa mia. Non ero pronta a sentirmi amata, ma desideravo qualcuno che mi amasse.
Così mietevo vittime.
Un treno, un fiore, una partenza.
Basta. Il mio cuore voleva leggerezza, perché non mi amavo io e non concepivo – mi offendeva quasi! – che qualcuno mi amasse.
Dieci anni fa.
Avevo 23 anni, dieci anni fa.
Fumavo come una turca.
Mi rimbambivo di notte, tra birra e cannini, 10 anni fa.
Andavo a letto a orari improponibili e alla mattina ero un cesso (munito di catenella per tirare l’acqua!), dieci anni fa.

Non studiavo e c’era Latino, il fantasma di latino.
Non mi volevo bene.
Non ascoltavo molto e invece avrei tanto voluto qualcuno che ascoltasse me.
Dieci anni fa la svolta.
Un giorno dissi: “devo coltivare il mio giardino!”, basta lasciare la porta aperta a tutti in questo modo ottuso.
Da oggi mi coltivo.
Provo a stare da sola. A far passare la paura.

Dieci anni fa, d’estate, partivo per la mia sfida.
Un mese a fare la badante ad un ragazzo disabile.
Un mese in un paesello in culo alla riviera adriatica, con lui e la madre ottantenne, a pulire culo e a cucinare e a portare in giro e a stare attenta al vento e ad ascoltare e a parlare e a giocare e a dare attenzione.
I miei mica tanto contenti.
Ma io sapevo che era quello ciò di cui avevo bisogno.
Ricordo ancora il giorno dell’arrivo: solitudine e paura, paura e angoscia, inadeguatezza.
Poi lavoro, lavoro, lavoro e ancora lavoro.
Fatica fisica e mentale.
Di notte leggere e scrivere, scrivere e leggere.
Fin quando le energie non mollano.
Serate solitarie, dopo tanto tempo.
Lui, il piccolo grande Sandro, che guardava le mie gambe dalla sua carrozzina.
“Hai delle gambe bellissime” disse a me che avevo sempre odiato i miei cuscinetti “possono correre dove vogliono!”.
Complimento bello che mi cambiò la vita, dieci anni fa.

Posso correre e troppo spesso sto ferma. Lui doveva stare fermo, ma i suoi occhi correvano.
Tutto nuovo al mio ritorno.
Cinema da sola, momenti solo per me, dieci anni fa.

Stavo perdendo dieci anni fa. Poi ho deciso di cambiare; di coltivare la mia rosa.
Di annaffiarla e di smettere di aspettare quello che attendevo fin da bambina.

E la mia vita ha preso un’altra rotta, dieci anni fa.
Non è che si possa sintetizzare in un post, ma sono grata a questi dieci anni. E anche a quelli prima. A quello che ho dato e preso. Al male e al bene.

Voi ci pensate mai a dieci anni fa?

Prendendo spunto da una iniziativa di Giuliana, mi piacerebbe che – chi di voi ne ha voglia – mi scrivesse quel che faceva dieci anni fa, che potrei pubblicarlo su Panzallaria, se siete d’accordo.

Anonimo o firmato.
Giusto per confrontarsi con l’oggi e per conoscere chi mi legge e chi leggo un po’ meglio.
Per allargare la Rete.
Anche quella dei sentimenti.

Potete mandare le vostre storie a dieciannifa@francescasanzo.net specificando che siete d’accordo con la pubblicazione sul blog.

5 commenti
  1. la coniglia dice:

    Aiuto hai smosso mille idee su i miei ‘dieci anni fa’…Che poi avevo 14 anni pensa un pò tu che età…
    Ti manderò qualcosa come mi fermo dalla trottola di questi giorni…
    P.S.
    Mi ha emozionato davvero questo post…

  2. Chiara dice:

    Dieci anni fa, a febbraio, avevo appena vinto il dottorato in ebraistica a Torino. Ancora ci credevo, e tanto, alla mia carriera accademica. Avevo iniziato finalmente la ricerca che avevo in testa dal primo anno di università. Collaboravo (gratis) con la cattedra del mio professore. A tempo perso facevo traduzioni, insieme a mia sorella che lavorava a Milano per la Mondadori. Nella primavera avrei iniziato a ballare danze ebraiche e avrei aperto una fase di passaggio della mia vita (passaggio che, ahimè, non ho avuto il coraggio di compiere fino in fondo. Dio sa quanto me ne sarei pentita, dopo. Ma questa è roba del ’99).
    Dieci anni fa stavo con Diego da tre anni. L’anno dopo (mi pare) sarei andata a vivere con lui, nell’appartamento che divideva con alcuni amici. Forse dieci anni fa lui si è laureato, ma non ricordo bene. E non ne ho neanche voglia. Mi scrivevo con un ragazzo tedesco, conosciuto a Gerusalemme nell’estate del ’95. Diego ne era molto geloso. Io in effetti ci avevo pensato a lasciarlo per stare con lui. L’attrazione c’era. Con il senno del poi, sono contenta di non averlo fatto. Era forse l’unica persona più immatura, inconcludente ed egocentrica del mio ex marito.
    Che persona ero dieci anni fa? Meno serena di adesso. Però avevo avuto le mie soddisfazioni. Mi sentivo proprio brava, nel mio campo – che ora non è più il mio, ma chi ci pensava, allora?
    Chiara

  3. Chiara dice:

    Non mi piace pensare a quello che ero e che facevo 10 anni fa: ero con la persona sbagliata per i motivi più sbagliati. Non mi riconosco, come se per 3 anni non fossi stata io. E in effetti neanche le persone che mi volevano bene mi riconoscevano.
    Se ci penso, se penso soprattutto al fatto che quelli potevano essere gli anni più liberi e creativi e spensierati della mia vita, vorrei tornare indietro e fare due chiacchiere con quella Chiara cieca e sorda, troppo seriosa e impegnata a sembrare più grande.
    Per fortuna sono stati solo 3 anni, e il loro ricordo rende ancora più bello quello che c’è stato dopo.
    Un saluto
    Chiara

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