Due stagiste in terra piemontese

Dal momento che in questi giorni ho poca voglia di parlare della quotidianità – mi sto segnando tutta una serie di cose che scriverò in differita – ho deciso di continuare le puntate della mia vita professionale, anche perché mi piace vederne i protagonisti che mi leggono (pinaccapì, adele) commuoversi e mandarmi messaggini pieni di affetto.

Partire per Torino, allora, mi sembrò una scelta obbligata.

Dopo il master avevo tentato uno stage a Bologna, ma visto che non ci capivo niente di dinamiche professionali nel settore web e multimedia, avevo cannato alla grande, ritrovandomi a fare cose di cui mi interessava scarsissimamente.

Così decisi di partire, che a Torino avevo un contatto per fare cose belle e che quel contatto era già servito ad Adele per il suo stage piemontese.

Lei mi offrì vitto e alloggio nella sua bella casa della capitale sabauda e io in cambio l’avrei costretta a camminare oreEore per la città, come piace ai miei piedi.

La avrei svegliata ogni mattina con qualche domanda panzallariesca del tipo “ma perché i tram vanno su rotaie?” oppure ” ma da che ora illuminano la Mole di notte?” che a una che al Master avevamo soprannominato RINGHIO  – perché era meglio non rivolgerle la parola prima delle dieci – facevano davvero piacere.

Insomma: uno scambio equo e solidale tra due disperate nella stessa situazione vitale di disoccupate che tentano di farsi notare e non solo per le tette.

Dormivamo nel letto a castello, Adele ed io, a Torino.

Lei sopra e io sotto, senza variazioni di sorta, che noi siamo delle tradizionaliste. Prima della nanna serale, tra la lettura del libro e le mie russate, avevamo inaugurato il momento “favola porno” e in 6 mesi avevamo costruito trame talmente complesse che la Meri Pompins dell’altro giorno a noi ci faceva un baffo!.

La sede del nostro stage era un appartamento e i nostri datori di lavoro due giovani imprenditori che avevano creato una bella agenzia di comunicazione che aveva le mani in pasta con qualche pubblica istituzione, qualche antiquario del Balun e gente che aveva a che fare con la formazione.

Si stava bene nell’ufficietto, anche se il non essere pagate aveva molti contro e pochi pro. Si fumava un bel po’ sul balcone e si parlava dell’UomoPantofola: una conquista estiva della Adele. L’uomo che si comportava da fidanzato storico – di quelli che si divanano appena rientrati a casa – già al primo appuntamento.

L’essenza stessa del maschio quasi trentenne che mette le pantofole con la fidanzata.

Alle 18 riacquistavamo la libertà e si camminava per oreEore in città che io volevo scoprirne tutti gli angoletti.

Perché di Torino mi sono innamorata a prima vista. Delle piazze gigantesche con i giardini dentro, dei palazzi che fanno Parigi, del Quadrilatero Romano e delle facce torinesi, che sembrano tanto meno provinciali che qui a Bologna.

A Torino non vendono solo una marca di giaccone perché tanto tutti vogliono solo quella e il frikettone è frikettone vero e non radical chic e il fighetto non è così spudoratamente padrone del mondo.

A Torino passa il Po e c’è il Valentino e alla mattina ti alzi e vedi le montagne innevate all’orizzonte.

Camminavamo l’Adele e io e congetturavamo sul futuro, sui posti dove avremmo voluto lavorare e il lavoro che avremmo voluto fare.

Congetturavamo sulle infinite possibilità degli stagisti: altri stage, altro sfruttamento del nostro lavoro – rigorosamente non pagato – e forse un contratto a progetto (ma allora si chiamava ancora co.co.co) per 6 mesi.

Proprio proprio per sentirci fortunate.

Io sentivo molto la mancanza di Tino. Avrei voluto averlo lì, condividere le cose belle che vedevo e anche i momenti di down. Entrare con lui nel parco di Palazzo Reale e portarlo a Stupinigi.

Ma Tino era a Bologna a finire la tesi e a lottare con una serie di guai familiari da risolvere. Tutti i venerdì prendevo il treno e via, verso il mio fidanzato: 3 ore e 45 minuti di InterRegionale (allora esistevano ancora!) e poi a fare l’amore e a annusarci per un fine settimana intero.

Senza sapere cosa e dove saremmo stati un anno dopo, con poche certezze, pochi soldi, ma molto amore.

A Torino però c’era la mia amica di pornofavole e un mondo da scoprire. Vivevamo noi e la sua mamma e i suoi gatti.

Ma lo stage finì. Facemmo l’esame del Master, ci masterizzammo e buona notte ai suonatori; non ci sono più scuse per procrastinare l’inserimento tra coloro che producono pil.

Adele trovò un lavoro – mal pagato ok, ma un lavoro – a Milano. A me proposero di rimanere a Torino.

Arrivò il momento di separarci. Un letto a castello con un letto vuoto è come Al Bano senza la Romina, come la torta senza le candeline e gli spaghetti senza il pomodoro: una tristezza infinita.

Adele a Milano e io a Torino con sua mamma.

A camminarecamminare e a scriverescrivere sulla mia moleskina, in riva al Po. A pensare agli intrecci del passato e a quelli che il futuro mi propone.

Ad abituarmi ad essere una donna che lavoralavora tutto il santo giorno, senza più la scusa dell’Università.

Io a riunioni con persone che non capiscono bene quale sia il mio lavoro e a volte mi scambiano per una che ripara i computer, altre per una giornalista, altre ancora – e forse c’hanno ragione! – per la portaborse del capo.

Io dentro a scene surreali, del tipo:

segretaria: “La kapa mi ha detto che devi pubblicare sul sito una notizia circa l’argomento x e che ci devi inserire anche questo documento word. Te l’ho portato così lo puoi mettere sul sito”.

Panzallaria: “si, grazie, se me lo mandi lo metto come allegato da scaricare”

segretaria: “eccolo, infilalo nel sito” continuando ad allungarmi un foglio cartaceo, nella piena convinzione che il mio computer disponesse di una fessura speciale per gli allegati, per “caricarli” direttamente sul web…

Sono stati stranibelli e intensi i mesi torinesi. Desideravo iniziare la mia vita professionale davvero e intanto desideravo anche iniziare a vivere con Tino.

Che un giorno, mesi prima, me lo aveva chiesto.

“vieni a vivere con me?” e io avevo toccato il cielo con un dito, perché avevamo sempre detto che quello lì sarebbe stato il nostro NonMatrimonio, quello che ci impegnava davvero.

Quel giorno lo avevo abbracciato e avevo risposto di si, come nei film sbaciucchioni in cui recita Julia Robert.

Poi c’erano state le scelte del lavoro e ora eravamo lì, ad attendere se rimanere nella capitaleSabauda o cercare, per me, una vita bolognese.

Mandavo curricula ovunque, quando stavo a Torino. Era diventato il mio sport preferito.

Li mandavo dal lavoro, quando il mio capo non vedeva. Li mandavo da casa di Tino al fine settimana. Li mandavo dal mio appartamento vuoto e spoglio di Bologna.

In quella terra di nessuno che era la mia situazione abitativa, sempre con la valigia, prima della svolta, prima di mischiare i miei libri con quelli del mio uomo.

Ero a Torino in giorno in cui morì Gianni Agnelli. In mezzo alle facce un po’ sparute della città, negli sguardi attoniti dei vecchietti in piazza Castello, il giorno sucessivo.

Ricordo che – per scherzo – feci le mie condoglianze ad un collega, in quella occasione. Lui mi incenerì e mi disse non si scherza bella, che questo è un pezzo della nostra storia che se ne va.

Lì ebbi chiaro che mi mancava ancora molto da capire su quella città bella e misteriosa e sul carattere sabaudo di chi la vive.

Ma non feci in tempo a capire molto. Un giorno mi risposero ad una delle mail che mandavo con il curriculum.

Ci piacerebbe incontrarla. Il suo profilo corrisponde alle nostre esigenze. Può presentarsi alle 10.30 del 18 giugno 2003 a ….in via….a Modena?”

E così iniziò un altro capitolo.

Nel giorno in cui l’Adele divenne zia e io dormii per la prima volta a casa di Tino che era diventata anche casa mia.

Ma questa è un’altra puntata.

11 commenti
  1. Chiara dice:

    Tu pensa che invece Mignolo, che a Torino è nato da famiglia torinese da generazioni, non riesce a cogliere la magia della sua città. O meglio, la coglie un pochino solo adesso, attraverso di me.
    Io a Torino ci vivrei volentieri, se ci fosse lavoro per entrambi. Sarà che lì ci sono tanti nostri amici e un bell’ambiente, sarà che a Milano la vita culturale torinese (soprattutto d’estate) se la sognano, sarà che di Torino ho solo bei ricordi…

  2. Panzallaria dice:

    vedrai conny che lo sarà…e comunque è affascinante ora, faticosa e piena di dubbi in quei momenti.

    la gavetta credo sia poi questo! ;-9

    panz

  3. Silvia dice:

    Cara Panz, grazie per voler condividere con noi i tuoi ricordi belli e brutti, affascinanti e dubbiosi, che mettono sempre tanta allegria… (troppo forte la segretaria…)
    Bacioni Silvia 🙂

  4. Aliciotta dice:

    ti giuro che io non sono così tonta! (mi riferisco alla segretaria di Torino)…fammi difendere la categoria…
    Ma sai che qui in ufficio da me ti leggono tutti…posso fare la tua segretaria pr milanese se vuoi….
    un bacione Anto

  5. Panzallaria dice:

    Aliciotta, non scherzare che ti mando il curriculum eh?…;-)

    le segretarie di cui parlo io lavorano in posti che nemmeno se scoppia la bomba atomica toglie loro la sedia da sotto il sedere, questa è la differenza…

    mi sa che tu aliciotta potresti farmi anche da consulente di abbigliamento e stile, da quel che ho visto dal sito del tuo lavoro

    😉

  6. Giuliana Cupi dice:

    Senza parole. La prossima volta che vieni a Torino ci troverai pure me…come cambiare idea su una città in pochi minuti :-))))))
    Un abbraccio sabaudo
    Giuliana

  7. Schifezza dice:

    Che buffo, mentre tu abitavi a Torino e tornavi a Bologna nei week end io partivo con la mia valigina da Modena per passare tre giorni con il Fotoreporter a Torino “a fare l’amore e a annusarci per un fine settimana intero.”…
    Come sono strane a volte le vie di Trenitalia…
    Però adesso ricordo quel periodo con infinita dolcezza…

  8. Dottor C. dice:

    Sono commosso.
    L’ho sentita chissà quante volte questa storia (tranne per qualche particolare particolarmente zuccheroso), ma leggerla così mi ha lo stesso molcito il cuore..
    Ma quanto è brava e bella questa donna qua, e che belli che sono loro due insieme..

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