Sul lavoro: Il museo dei balocchi

Continua l’appassionante saga de: tutti i lavori di Panzallaria.

Siamo quasi al termine di questa serie. La prossima verrà girata nei mesi a venire su un’isola a largo di Creta, del cui nome la produzione tiene uno stretto riserbo.

Sono andata a lavorare al museo dei balocchi nel 2004, dopo anni di avantiindietro con treni, valigie fatte e rifatte e vite smozzicate, qua e là.

Della proposta che mi fanno al museo dei balocchi mi alletta soprattutto l’orario, la flessibilità e la possibilità di fare tante cose, di imparare cose nuove. Si esce relativamente presto dall’ufficio e ho tutto il tempo di recuperare una vita, dei rapporti sociali, degli aperitivi e perfino lunghe gite in vespa sui colli.

Così trascorro due anni ad organizzare eventi, a fare la segretaria tutto fare, a imparare di contabilità a occuparmi di ufficio stampa, di web, di ragazzini e progettini per ragazzini e a star dietro alle ideone dei giocatori, che al museo dei balocchi – si sa – si va soprattutto per giocare.

Conosco tante persone. Alcune buone e altre che fan le cattive. Conosco i giochi che non sempre mi piacciono assai e mi chiedono di partecipare e a volte dico si e a volte dico no.

Mi ghermiscono con proposte professionali allettanti come una bella scatola di cioccolatini con i fiocchi. Ti sembra una grande figata fin quando non la apri, poi lo fai e ti accorgi che metà del contenuto è stato mangiato da qualcun altro, che non restano che cartacce.

Mi ritrovo a parlareparlare ore, a fare riunioni interminabili, a orari assurdi, perché i giocatori sono impegnati nei loro giochi.

Mi ritrovo che devo lavorare per tre ma prendo lo stipendio per uno. E non sempre è bello.

Mi ritrovo che devo parlare l’inglese, in qualche occasione. E io l’inglese non lo so. E allora succedono robe surreali.

Del tipo che siamo ad un convegno. Del tipo che io sono a tavola – durante una cena di gala – con la maggioranza di anglofoni e io c’ho sta paranoia, no, del mio inglese farlocco, senza personalità.

E allora fisso il piatto di questa cena di gala e cerco di capire il tutto, per sorridere al momento giusto.

Sorrido quando gli altri sorridono, faccio facce perplesse quando gli altri si perplimono.

E me la scampo. Grazie ai colleghi italiani che hanno pietà di me e mi aiutano a sfangarla. Me la scampo.

Fin quando il giorno successivo, a questo superconvegno con tanti stranieri, siamo quasi alla fine.

Alla fine di due giorni lungherrimi e molto stancanti.

Esco a fumarmi una paglietta della staffa. Per staccare il cervello. Perché ce l’abbiamo fatta.

Esco e sto per accendermi la sigarettina. Quando accanto a me intravedo uno di questi superfikiricercatori americani.

Mi sorride.

E si avvicina. Come lo squalo nell’omonimo film. Tremo.

Mi guarda dritto negli occhi.

Io non ce la faccio. Il panico c’è, ma c’è anche la voglia di non tenere più la parte. “Sono ignorante, è vero!” penso dentro di me.

Guardo il super tizio e gli dico

“Ai dontspich inglish very uell, sorry, veri sorry…”, tiro fuori il pacchetto di paglie e gliene offro una.

Lui prima mi guarda come ad una psicopatica, poi mi sorride. Prende la sigaretta, allarga il sorriso e pronuncia un “grazie cara!” che mi fa sentire ancora più merdaccia.

Prima o poi imparerò l’inglese, lo giuro! per davvero, lo giuro!

Passano così due annetti. Ma io sono incontenibile e nella mia testa c’è un sogno e al museo dei balocchi troppa polvere.

Il mio sogno è provarci a mettermi in proprio e a far la webuoman.

Mi propongono un contratto a tempo indeterminato ma nel frattempo arrivano i primi clienti per quel lavoro, quello per cui ho studiato.

Dico no, dico, dico per il momento ci voglio provare.

Mantengo i piedi in due scarpe per un po’.

Pensoripensoripenso e ricomincio a fare le stesse cose, al museo dei balocchi. Quelle che sono due anni che faccio e cominciaricomincia, inizio ad annoiarmi un po’.

Nessuno da cui imparare veramente.

Molti ostacoli lungo il cammino.

E’ ora di fare il salto. E’ ora di superare il fosso.

Di pensare a una partita iva, di pensare a mettermi in proprio e mollare gli ormeggi.

Mi consulto con Silvia, la mia dott comm di fiducia. Mi consulto con Tino che di fiducia ne ha tanta nella sottoscritta.

“provaci” mi dice il mio uomo.

“ce la possiamo fare” mi ripete prima di addormentarci.

Scrivo la lettera di licenziamento, mi accomiato dall’ufficietto in un giorno di inizio primavera del 2006.

Un giorno in cui ho una nausea fortissima.

“Saranno tutti questi cambiamenti” penso infra me e me.

Sarà che un topo che vive nel canale si è appena destato e fa le corse sotto le ruote della mia macchina parcheggiata, davanti all’ufficietto.

No.

Qualche giorno dopo scoprirò che non  è così.

Non sono i cambiamenti del lavoro.

Non sono le speranze e le aspettative e il salto del fosso. E nemmeno la vista del topo.

Qualche giorno dopo, proprio la sera prima di andare ad aprire la partita iva e due giorni dopo che tino mi ha regalato l’anello di non matrimonio per il nostro 5 anniversario,

è il giorno in cui veniamo a sapere

che una frollina alberga nel mio utero.

Piccola, piccola, piccola.

Quasi invisibile.

E io.

Io mi sono appena messa in proprio. Con il tempismo che mi contraddistingue.

Ma questa storia la racconto nella ultima puntata di questa serie.

10 commenti
  1. Chiara dice:

    Beh, una ragazza con cui ho lavorato si è messa in proprio (volutamente) quando è rimasta incinta del secondo figlio. Come per dire che il momento giusto te lo crei tu, indipendentemente dalle circostanze esterne 🙂

  2. la coniglia dice:

    continua la bellissima storia dei lavori di panz…tu non ci crederai ma è veramente esaltante. Mi conforta molto per quanto capisca le difficoltà che hai affrontato e che tutt’ora affronti…

  3. Aliciotta dice:

    ciao panza…questa mattina mi collego al suo sito come al solito e trovo questa sorpresa….mi devo ancora abituare alla nuova veste grafica. Non ti sò ancora dire se mi piace di + o di meno…l’altra mi manca un pochino…

  4. Silvia dice:

    Cara Panz, mi sembra ieri quando mi hai fatto vedere l’anello stupendo di Tino e mi hai detto che aspettavi la Frollina… Hai fatto bene a lasciare il museo dei “balocchi”…
    Un bacione e a presto
    Silvia 🙂

  5. Baol dice:

    Mi hai fatto venire un bel sorriso…ed oggi era difficile, grazie.
    Un abbraccio a te…ed anche alla frollina.

    ps
    un saluto alla quasi collega Silvia 🙂

  6. Sara dice:

    e che anello di non matrimonio…. è bellissimo!!

    io mi commuovo perchè questa storia del karma e delle coincidenze mi fa sempre questo effetto!

    un bacino e buongiorno!

    sara

I commenti sono chiusi.