Il tiro

Inauguro la rubrica Curiosità bolognesi parlandovi del Tiro.

Chiunque debba trasferirsi a Bologna per vita, diporto, amore o studio deve infatti sapere qualcosa su questa fantomatica pratica della patria dei tortellini. Si narra infatti che uno straniero, non preparato al tiro abbia trascorso tredicotre giorni nell’antrone di un palazzo, al freddo e al buio a chiedersi cosa fosse: nel frattempo pare che una banda di vecchietti con la pensione minima sia riuscita perfino a rapinarlo senza che opponesse la minima resistenza, tutto preso a comprendere le abitudini locali.

Voi avete un grande privilegio e grazie alla Panz state per scoprire il mistero.

Vi state aggirando per via Remorsella con il naso all’insù per guardare i palazzi e le luci che hanno reso magici i ritratti cittadini di Morandi.  Ad un certo punto vi trovate nei pressi di un portoncino. Un ragazzo in età puberale, pieno di brufoli  e con i pantaloni alla cagarella  e i capelli pettinati in otto direzioni diverse suona ad un campanello.

Qualcuno gli chiede: “chi è?”

Lui risponde con quotidiana noia: “Sono io. Mi dai il tiro che vengo su?”

Voi rimanete di stucco a chiedervi cosa stia accadendo.

Accade che a Bologna quello che voi comuni normali chiamate “apriporta” è il tiro.

In onore di una antica pratica di apertura dei portoni ci siamo tenuti questa meravigliosa parola: tiro.

Se ci pensate non è affatto male.

Te a Bologna arrivi davanti a casa di un amico e devi solo chiedere se ti dà il tiro per potere salire.

A Roma, mettiamo – o anche a Poggio Rusco – devi fare tutta una trafila lunghissima che se il tuo amico ti aveva invitato per pranzo e sei in ritardo, la pasta è già bella che incollata:

“ciao, sono io, scusa mi apriresti il portone che salgo?”

A Bologna arrivi a tavola che gli spaghetti sono ancora al dente; mi dai il tiro?punto; si, sali punto.

TIRO

Lo troverai scritto con uno di quei macchinini che incidono le letterine bianche su un pezzo di nastro adesivo nero, attaccato a interruttori unti e sporchi nelle case della periferia; lo troverai  elegantemente inciso su interruttori dorati che il portinaio lucida ogni mattina, nei palazzi extralusso del centro.

Il tiro è trasversale come il tortellino e le tette e le torri a Bologna.

E’ un pezzo della nostra storia e del nostro quotidiano come il rusco (di cui vi parlerò prossimamente) e i barattoli di coca cola che se vai in pizzeria, sul menu, mica c’è scritto bibite in lattina (che fa molto elegantoni) ma “bibite in barattolo” nella dottabologna.

Sul tiro ve ne potrei raccontare molte. Per quanto mi riguarda l’aneddoto più succoso si riferisce al mio primo periodo milanese, quando c’avevo il moroso nella Grande Pera.

E’ sera. Stiamo aspettando un amico sotto casa sua, chiacchierando amabilmente nella periferia di Milano.

Ad un certo punto arriva un ragazzino con il pallone. Suona ad uno dei campanelli e si mette in attesa di una voce amica che gli dia udienza. Passa qualche secondo ma non risponde nessuno. Il ragazzino decide di andarsene. Proprio quando ha voltato i tacchi e si sta allontanando qualcuno risponde alla sua chiamata.

Mi trasformo in Super Panzallaria e tento di avvisarlo che qualcuno è comparso al citofono.

“Ehi tipo, guarda che ti hanno dato il tiro!!!” gli urlo sguaiatamente con tutta la mia classe.

Lui si volta. Rimane a guardarmi inebetito, indeciso se chiamare la Polizia o un’ambulanza.  Io sono tranquilla, non mi sembra di avere fatto nulla di strano, fin quando i miei amici intervengono – in preda ai conati di risate – per tranquillizzare il giovanotto.

“Tranquillo, non è che ti vuole violentare eh? ti hanno solo aperto la porta…” gli dicono.

Capisco il fraintendimento.

In fondo cosa altro ci si può aspettare – se non che ti dia il tiro –  da una donna bolognese la cui nomea localistica in merito alle inaudite pratiche oral – sessuali ha origine così antiche da perdersi nella notte dei tempi?

21 commenti
  1. stefy dice:

    Eh, eh, eh! 😀 Io ho avuto attimi di smarrimento quando la tipa che ha lasciato l’appartamento ora affittato da noi mi ha chiesto se per favore potevamo lasciare ancora per un po’ il suo nome sulla bussola. Io già mi chiedevo dove si collocava tra nord, sud, est e ovest… per fortuna poi ho dedotto dal contesto che in terre trentine la bussola è quella che da me è la buchetta della posta o al massimo la cassetta delle lettere.

  2. Stef dice:

    aaaaahhhh, il tiro!!!
    😀
    Molte ma molte lune fa avevo un moroso di Bologna che, dopo la mia prima reazione, anch’essa “tra Polizia e Ambulanza”, mi svelò l’arcano!

    E allora diciamo pure “Il cinno non voleva la cicia, allora l’ho dovuta buttare nel rusco”…

    O parliamo di come questo mio allora moroso si ostinasse a venire a trovarmi a Milano, mangiare le brioche, poi andare al bar e dire “due paste”, che notoriamente a Brambillandia denotano “le paste”, ovvero composizioni fornaresche ben più costose delle brioche… oppure di come la parola “focaccia” fosse sinonimo di “qualsiasi prodotto da forno salato, tranne le Tigelle che si sa sono oggetto di venerazione”.

    Quanti ricordi Panz, grazie!!!

  3. FFrancesco dice:

    😀 Hi hi hi, mitico tiro!… Nei miei 5 anni da piacentino immigrato bolognese lo stupore per il TIRO fece compagnia a RUSCO, ZAGNO, COPPA D’ESTATE, SGHETTO, e non ricordo più quanti altri… in compenso schifai tutti con ad esempio REGO’e FIDE! (“confusione” e “cavolo!” in piasintein).

  4. la coniglia dice:

    rusco cicia, tiro…ooooh! Non ci capisco nulla ioooo! Sono una povera ragazza sarda disistruita qu queste questioni!!!
    Noi non abbiamo un modo per definire ‘il tiro’…però bbiamo altri termini che sono esilaranti, di cui parlerò nei miei post ‘cultural-sardi’!
    A proposito…ricordati della questione dei parrucchieri a bologns 😉
    P.S.
    La beautiful sarda ha nuove puntate…a breve te le narrerò!

  5. Byron dice:

    C’è anche la storia del mio amico Marchigiano che lavorava all’Esselunga di via Lenin, il quale rimase BASITO quando un UMARELL gli chiese
    “scusi, dove trovo il liquido per SMUNIRE i lavandini?”
    “…?…”
    “Eh sì, ho il lavandino che si è MUNITO, mi vuole il liquido per SMUNIRLO”
    Quanto mi manca Bologna 🙂

  6. stefansia (stef) dice:

    @Panz: pantaloni alla cagarella è bellissimo e d’ora in poi lo userò anche in inglese! 🙂

  7. sonia dice:

    Oh oh, io, trentina, lavoro in un ufficio di bolognesi che se la ridono quando parlo delle foto con la “o” chiusa e nomino il poggiolo (altrimenti detto terrazzo).Io effettivamente rido di loro quando spiegano ai fornitori non bolgnesi dove trovare il tiro!

  8. ZiaSara dice:

    Ciao…
    Io sono nuova sia della blogsfera sia dell’argomento maternità in quanto ho appena saputo che sto per diventare zia, avrò bisogno di tutti i consigli delle “esperte del settore” e tu mi sembri una tipa tosta… vuoi aiutarmi? vienimi a trovare nel mio blog, mi farà molto piacere e sono sicura che saprai darmi una mano nel aiutarmi a essere vicina il meglio possibile a mia sorella..

  9. Lillibeth dice:

    Come ti ho detto questo racconto mi ha fatto molto ridere…spero tu non sia troppo assorbita dagli scatoloni!
    Baci alla Frollina ricciolina!
    Lillibeth

  10. ba dice:

    panz, però uno dei detti bolognesi più strani (e che non riesco a usare)è: ALTRO

    dal salumiere ordini un etto di salame, lui ti chiede. “altro?” e se tu non vuoi più niente rispondi “altro”.

    Ma non ha senso!!!!!!!!!!!!!

  11. sonia dice:

    Baol se provochi… il trentino, privo di qualsiasi vocale o consonante doppia direbbe “Daverzi?”

  12. Michy dice:

    io da brava bolognese di adozione che ha fatto nascere il figlio in terra romagnola, sto insegnando che il pannolo sporco si butta rigorosamente nel rusco!!!!

  13. poluz dice:

    Grande! Grazie per aver propagato la vera parola, quella del Tiro!
    Alle bibite in barattolo non avevo mai fatto caso, gran bella segnalazione! 😀
    Ciao!

Trackbacks & Pingbacks

  1. […] avvicino al citofono. Chiedo “Chi è?”. Se è il postino basta che gli dia il tiro senza bisogno di mostrarmi, tanto vale essere […]

  2. […] Gli dò il tiro pensando che gli basti e invece lui comincia a chiamarmi insistentemente dalla tromba delle scale: “Siora Pansallaria? Siora Pansallaria? Venga che z’è da firmare!” urla con una voce carica di lutto. Capisco subito. “Non z’è mica solo il Manifesto ozzi, abbiam qui anche una multa!” prosegue tra l’ironico e il sadico. Dopo aver disquisito mezz’ora su dove ho potuto prenderla e che lui c’ha paura di averne beccata una proprio dove secondo lui l’ho presa io (che è un comune limitrofo alla siti) mi assiste nel duro compito di rompere i sigilli. Porcatroia porcatroia: 155 euri e 6 punti dalla patente di Tino. Zac per un rosso semaforico con la polaroid dentro! Zac che inculata! Zac è stata quella volta che la frollina piangeva per la fame, avevamo fretta e zac siamo passati con il rosso. […]

  3. […] voglio aiutare il turista spaesato che è appena riuscito a uscire dalla Hall dell’albergo facendosi “dare il tiro”  a conoscere meglio il carattere e l’inclinazione del mio popolo,  goliardico fin dal 1088 […]

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