Guccini

Come dicevo: la Frollina parla. Non dice proprioproprio delle frasi ma ci siamo vicini. Si fa capire. Mi fa molto ridere.

Ripete ogni cosa, ivi incluse le parolacce che non riusciamo a epurare dal nostro vocabolario. In montagna è rimasta mezz’ora a ripetere “ulo, ulo, ulo” perché mamma aveva incautamente mandato a quel paese papà.

I nomi sono la sua specialità: Irene è diventato “Nene”, Babi è “Babi”, Davide è “Daddi” e Silvia è “Sivia” o “Silia” a seconda dei giorni.

La zia Adele può dirsi orgogliosa: dopo 3 giorni vissuti pericolosamente a casa nostra, schivando le mie pustole, assistendo le mie crisi di ipocondria vagante e raccontando fiabe alla frollina è diventata l’oggetto dei suoi desideri. La piccola ora vaga per casa cercandola in ogni cantuccio, chiamando “scia, scia, scia?!?”.

Ieri compiva 20 mesi la pulce. Ha raffinato di molto il suo modo di giocare a nascondino, che noi chiamiamo “cu cu” e quando si nasconde dietro le nostre tende trasparenti e sorride sorniona, se dico che vedo due piedini spuntare lei li tira indietro, li nasconde.

Da vera furbetta.

Frollina mi abbraccia molto ora. A voi suonerà del tutto normale ma in realtà non è così: fino ad un mese fa non era molto affettiva e non baciava ne’ abbracciava nessuno. Da qualche settimana arriva, correndo a braccia aperte verso di me, si lancia al collo e mi stringe fortissimo.

Roba da frantumare il cuore per la tenerezza.

Roba che mette i brividi fino alla radice dei capelli e mi fa sentire la donna più fortunata del mondo. Rimpicciolisce i ricordi del passato. Mi fa chiedere sempre di più se esiste un prima di lei o se il dopo non si è mangiato tutto. Perché non riesco a concepire un tempo nella vita mia e di Tino in cui lei, proprio lei, con i suoi capelli e le sue labbra e il sorriso dentone e gli occhi vispi non esistesse ancora.

La sera, prima di addormentarci, con frollina facciamo il gioco del “soffia via i nuvoloni”. Lei si siede sul lettone e io e papà arriviamo di soppiatto, con una risata pseudodiabolica e l’intento di prenderla.

Lei tutta felice comincia a urlare eccitata, si nasconde dietro i cuscini e poi riappare, molto motivata alla sopravvivenza e soffia forte forte contro di noi che – in maniera pittoresca e rocambolesca – voliamo lontano, ci spiaccichiamo contro la libreria e veniamo respinti dal suo soffio.

Ride di risate grasse e non vorrebbe mai smettere. Le mette fiducia vedere che ad ogni sua azione corrisponde una reazione e passiamo ore così, a fare i nuvoloni e il vento e a rotolarci sul letto.

Frollina sperimenta le parole in modo monotematico. C’è stata la settimana di  “mangio” e la settimana di “acqua”.

Ora siamo entrati nell’era di “grande”. Ogni cosa è “grande” o “picca” e lei ci tiene molto a misurare il mondo intorno e darcene conto.

Proprio in questa fase in cui ha imparato a dire la erre abbiamo scoperto che nostra figlia ha il dna di Tino e che come lui arrota.

Così “grande” o “Dora” che è la sua bambola, in bocca alla Frolla diventano “gVande” e “DoVa” e mette un tale impegno nella dizione di queste parole che a me fa sempre pensare a Guccini.

Non so se avete presente l’album “Tra la via Emilia e il west”, album che amo e che incide molti dei miei ricordi, ma quando la Frollina parla mi ricorda proprio Francesco con la sua voce un poco emilianoimpastata e quella erre molto poeta maledetto da osteria.

E mi sento una mamma orgogliona.

4 commenti
  1. tanaka dice:

    Che tenerezza e che gioia, immaginare la tua Frollina che cresce, vivace, giocherellona e chiacchierona! Non ho commentato i tuoi precedenti post più cupi, perché a volte i blog-commenti mi sembrano inadeguati a certe situazioni difficili, ma sappi che ti penso e che spero che anche tu riesca a scacciare i nuvoloni che fanno ombra sulle tue giornate. Soffia, soffia, Panz! 🙂

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