Post impopolare sul buzz and viral marketing applicato alle mamme

Ci ho pensato parecchio sull’opportunità o meno di scrivere questo post. Parecchi mesi a dire il vero. Poi ho deciso di farlo. Perché sento come gli squali che girano intorno al tavolo su cui è assestato il mio pc: squali che hanno fame di mamme, squali che hanno fame di mamme blogger.

E non solo.

Da quando il mondo si è accorto che sposta più opinioni un blogger di un quotidiano, il marketing si è buttato a pesce (o a squalo?) sul settore. Da quando la crisi ha tagliato grosse fette di mercato, il marketing si è buttato a pesce sui genitori, le mamme in particolare. Mentre potremmo anche vivere tutti quanti con le pezze al culo, si sa, per vestire e nutrire decentemente i nostri pargoli daremmo via anche un rene.

Detto questo

Sono nate contorte quanto inquietanti e allo stesso tempo curiose discipline della pubblicità e del marketing che si chiamano Buzz Marketing e Viral Marketing: passaparola, originalità del modello comunicativo, mix di informazione e promozione sono gli ingredienti di un nuovo modello imprenditoriale che domina la blogosfera.

Prendo spunto da questo post di Mammaincorriera e dalla cena dello yogurt per dire quello che penso sul tema.

Io credo che a tutt’oggi la formula del “Prova il prodotto e poi scrivi un post sul tuo blog senza guadagnare altro che un pacco di quel prodotto” non funzioni.  Forse ha più senso quando si tratta di prodotti tecnologici e di blog specialistici ma quando si parla di dentifrici, spazzolini o pannolini, a mio avviso non riesce a trovare pertinenza all’interno di blog che basano il loro successo sull’immediatezza e la spontaneità, come quelli delle mamme.

La maggior parte delle mamme blogger più famose (se navigate un po’ nella rete delle mamme capite a chi mi riferisco, ce ne sono alcune, soprattutto le milanesi che vanno per la maggiore) dona alla comunità, ogni giorno, contenuti editoriali di qualità e che hanno un chiaro intento informativo. La maggior parte di loro tradirebbe l’implicito patto con l’utente se si mettesse a parlare di aspirapolveri, bevande energetiche per bambini o marche di ciuccio più o meno valide senza che ci sia un vero accordo professionale, un patto esplicito con l’azienda in questione e con i propri utenti.

La cosa poi più sconcertante – e parlo dal punto di vista di una mamma precaria che non nega di usare la sua credibilità di blogger anche per procacciarsi lavoro – è che la proposta di scambio che viene fatta è: ti offro la possibilità di usufruire di una fornitura di un determinato prodotto in cambio di pubblicità.

Qualcuno lo interpreterà come guadagno: non io.

Secondo me non è un patto onesto: tu ci metti il prodotto e io ti faccio pubblicità. Vizia un mercato già viziato, dove tutti lavoriamo gratuitamente o quasi, fornendo contenuti di qualità in cambio di visibilità, come se la visibilità ci desse da mangiare o se potessimo nutrirci – vita natural durante – con questo o quel prodotto di cui dobbiamo parlare.

Non è un patto onesto perché ingenera sospetto negli utenti che alla fine non sono dei minchioni e sgamano il trucco e cominciano a leggere con diffidenza i post di chi viralblogga.

Perché le aziende non pensano invece a creare una sorta di metablog, aggregatore di contenuti (sul tipo di Blogitalia, per intenderci) dove far scrivere di prodotti blogger famosi? 

L’utente che frequenta un luogo di questo genere lo sa cosa ci sta andando a fare: vuole sapere se a me è piaciuto l’omogeneizzato e perché.

Post chiaramente promozionali ma veri, basati sull’esperienza personale. Post dove si possa parlare fuori dai denti, le aziende – in cambio di visibilità – diano autenticità: se un prodotto piace se ne parla bene, se non piace se ne può parlare anche male. Così ognuno si assume la sua responsabilità, sa dov’è e perché.

Secondo me un marketing così sarebbe più onesto, non vizierebbe i contenuti e le dinamiche della blogosfera e farebbe sentire meno in ansia tutte noi che scriviamo.

Perché ve lo assicuro: si sente fin la musichetta dello squalo che si aggira attorno, pronto a mordere le gambe, pronto a farti parlare dell’ultima invenzione della talditta senza che manco tu te ne accorga.

Tutti pronti a lucrare sulle mamme.  E le mamme – e mi ci metto anche io eh? – illuse dalla possibilità di guadagnare REALMENTE  qualcosa dal loro contributo alla blogosfera, tutte a bocca asciutta e con le gambe maciullate dagli squali.

L’ho scritto

Mi sono tolta un peso

17 commenti
  1. Wonderland dice:

    Ciao Panz! Grazie mille del bel commento, sono felice che il mio blog ti piaccia… io ti conosco da un po’, sono anche iscritta al mommyblogging (come non potrei? 🙂
    A me non mi ha mai contattata nessuno, SCHIFATA dal marketing… ahahaha. Forse sono troppo sarcastica e mi temono fortemente o magari sono semplicemente un’outsider perchè sono a Roma e non a Milano…
    Io invece penso che sia un’iniziativa che se usata nel modo giusto può portare a dei feedback interessanti. E’ una buona cosa poter esprimere la propria opinione sia in positivo che in negativo. Mentre sarebbe “gratuita” se ci mettessimo a recensire i prodotti personalmente comprati, è “invitata” e quasi richiesta nel caso in cui invece sono le aziende a farsi avanti. Non mi farei problemi a smontare questo o quell’altro prodotto, ne’ a parlarne bene. Ma ci terrei comunque sempre a precisare che il mio post è promozionale e non autentico. Questo, a mio parere, cambierebbe la percezione dei miei lettori. Reputandoli mediamente intelligenti – anzi no, PARECCHIO – non penso si correrebbe alcun rischio.
    Ma è una mia opinione.

  2. Mammafelice dice:

    Nemmeno io sono stata mai contattata… eccheccavolo, a me niente?! 🙂

    Io non lo so cosa farei, sinceramente…

    Se Mr Eeepc mi dicesse: ti regalo l’eeepc, ma tu devi parlarne sul blog, io lo accetterei eccome! E fidati che ne parlerei pure bene, perchè lo voglio lo voglio lo voglio!
    Se mi chiamasse Mr Ikea e mi dicesse: hai buona volontà, Barbara. Sono anni che parli di noi con amore, che ci consigli a tutte le tue amiche, che ci fai pubblicità gratuitamente… adesso è arrivato per te il momento di guadagnarci.
    Cavolo se accetterei! Fatemi subito firmare!

    Insomma, dipende…
    Se io potessi diventare testimonial di Ikea (fammi sognare) è chiaro che lo diventerei perchè AMO davvero Ikea, conosco a memoria i prodotti, so cosa fa schifo e cosa invece è superlativo.
    E in questo modo di guadagnare, sulle proprie conoscenze e passioni, non ci vedo nulla di male.

    Di sicuro non mi metterei a pubblicizzare prodotti snellenti per le mamme (ahhaaa, abbiamo sbagliato target), nè latte artificiale, nè ciucci… nulla, insomma, che io non abbia sperimentato e gradito personalmente.

    Per parlare bene dell’Avent, tanto per fare un esempio, non c’è mica bisogno che mi paghino. E a me su queste cose piace sempre dare un parere alle altre mamme: perchè un prodotto che è piaciuto a me, può piacere a un’altra.
    Non vorrei che con la caccia agli squali si finisse per ‘castrare’ i consigli spassionati che quotidianamente condividiamo, per paura di sentir bisbigliare: ma non è che quella lì sta facendo una marchetta?

  3. Panzallaria dice:

    tu fai parte di quella categoria di consumatori love che quelli che fanno viral marketing amano molto, cara@ Mammafelice 😉

    il punto secondo me è essere pagati per fare un lavoro e non avere in cambio solo della visibilità, che di quella ci siamo rotti un po’ i maroni. o no?
    cioé, anche io come te faccio buona pubblicità ai buoni prodotti ma non è un lavoro, lo faccio a modo mio e senza scadenza. quel che trovo poco giusto è il fatto che si voglia lucrare senza dare indietro altro che scatoli di prodotti, sui contenuti di qualcuno

    cioé magari è pure giusto e sensato ma non mi piace

  4. Mammafelice dice:

    Ma io non parlo di visibilità… con quella mica ce magno 🙂

    Se a te una ditta che produce farina di farro biologica, buona, che tu compri, ti dice: Cara Panz, noi vogliamo essere il tuo sponsor. Ti diamo un tot al mese, e tu una volta a settimana pubblichi una ricetta con la nostra farina… già che la fai per te…
    Lo trovi scorretto?
    Io no. Perchè so che persona sei, so che sei onesta, so che hai giudizio… e so che se mi dici che quella farina va bene per fare i panzerotti al farro, io ci posso fare i panzerotti al farro.

    E’ ovvio, però, che parlo di una ‘promozione’ pagata, ma espressa con sincerità.
    Diverso sarebbe se tu promuovessi prodotti a base di glutine fingendo di usarli… allora perderei la fiducia che ho in te.

    Non so se mi spiego…
    Io sono assai diffidente verso le cene pagate (ho letto il post linkato), i pacchi di pannolini che ti arrivano a casa, ecc… Lì non si ha scampo: quello è virale davvero.

    Ma se si instaura un rapporto di lavoro (retribuito e schietto), in cui io parlo di un prodotto che conosco e uso, non ci vedo nulla di male.
    Purchè si resti nell’ambito dell’onestà intellettuale, e non si straccino i maroni a chi ci legge (sante persone), diventando ossessionanti nei confronti di quel prodotto.

    Insomma: se mi dai 50eur ti scrivo un altro post su Panza a teatro. Sono abbastanza virale? ahhaaa 🙂

  5. Panzallaria dice:

    @mammafelice: è proprio quello che dicevo nel mio post. quello di cui parli tu è lavoro infatti. il problema non è il lavoro, il problema è lavorare senza saperlo e non essere pagati per quello. forse l’ho scritto male. io intendevo proprio: se mi pagate allora lo faccio come lavoro, il resto non mi piace, lo trovo scorretto per il lavoratore (che viene pagato in visibilità eventualmente e in pacchi di pannolini) e per l’utente finale. mi sa che mi sono spiegata male

  6. Mammafelice dice:

    Che poi, tra l’altro, se il ‘compenso’ avviene in pannolini, è legale?
    Cioè… e le tasse?
    Occhei che non vanno più di moda, ma le pago proprio solo io?

  7. giuliana dice:

    panz, c’è solo una cosa sulla quale non sono d’accordo con te: con il fatto che un post su un prodotto, se (in qualche modo) richiesto, debba essere per forza falso. non ne vedo il motivo. nè, d’altra parte, l’azienda mi obbliga a scrivere alcunché (e infatti la maggior parte delle mamme presenti alla famosa serata danone non hanno scritto).
    allora ok, chissene della visibilità e delle cene, ma se vi dò lavoro voglio soldi in cambio. ok, ma attenzione ad applicare questa regola quando effettivamente questo è l’obiettivo.

  8. Stefania dice:

    Cara Panz, io lavoro nell’ufficio stampa di una notissima griffe di moda che spesso ha fatto discutere per la propria pubblicità, ti posso dire che un inserzionista che investe un consistente capitale per farsi pubblicità ha delle pretese che se non vengono soddisfatte generano il rischio per l’editore di vedersi non confermato l’investimento pubblicitario. Questo per dirti che il vizio di forma lo trovi già in un articolo di giornale o in una foto apparentemente casuale in cui si fa riferimento al prodotto, ma che poi così casuale non è, come un ingenuo lettore potrebbe pensare. Il fatto poi di ricevere un compenso per parlare, possibilmente bene, di un prodotto implica una sudditanza psicologica che potrebbe portare a non essere così obbiettivi come si dovrebbe essere.
    In conclusione non facciamoci irretire dalla facilità di un guadagno facendo pubblicità a richiesta.
    Per favore mamme blogger continuate a suggerire dei prodotti validi alle altre mamme solo se ne siete fondamentalmenete convinte.
    Stefania

  9. adele dice:

    Mi sembra un discorso sensato. La parte più sensata è che regolamentare gli spazi aiuta tutti (chi scrive, chi legge e alla fine anche chi vende)

  10. Flavia dice:

    ciao Panz, e che ne pensi delle mie idee sulla “punta di cioccolato del cornetto?” sono curiosa. puoi anche dire che sono tutte cavolate, non ti preoccupare! 🙂
    scherzi a parte, io credo che dobbbiamo davvero metterci attorno a un tavolo, reale o virtuale, e parlarne a fondo.
    Flavia

  11. extramamma dice:

    Hai fatto bene a dirlo, ecchecavolo! Poi c’è un’altro baratto che va per la maggiore in questi giorni: dammi i testi aggratis che ti do la visibilità! Per me che ho sempre scritto, pagata, come giornalista è un po’ come dire, continua pure a prostituirti ma d’ora in poi lo farai per beneficienza, un appeal della madonna! Ma questa è una cosa personale, però anche per i/le blogger che come lavoro serio ne fanno un altro (non la prostituzione/giornalismo) perchè devono regalare i loro contenuti (se li vogliono vuol dire che valgono) per l’aria fritta, cioè la visibilità? Vabbè dimagrire, ma con la visibilità non ci ha mai fatto la spesa nessuno!

  12. lorenza dice:

    scusate, sono una mamma blogger che non diventerà mai ricca scrivendo per un blog di informazione per mamme e bebé – che non è il mio blog personale (ma se non avessi mai avuto un blog personale non avrei mai iniziato a scrivere per un blog di informazione, guarda un po’). personalmente, se ti CONSIGLIO un prodotto, è perché l’ho provato e ha funzionato. Se ti RACCONTO che XY ha fatto la tal scemenza, e ti dico “sarebbe ottimo per un regalo”, la ritengo un’altra cosa. Direi che la vicenda Danone dimostra come le (ignare?!?) utenti siano più difficilmente impermeabili dei “giornalisti” alle leggi del marketing… Forse la cosa ci dovrebbe far riflettere!! (ma, almeno voi, mi invitate al tavolo di discussione?) :-))

  13. mominthecity dice:

    E’ da poco che sono una “mamma blogger” (abbiamo sempre bisogno di metterci una trargetta …) e ho notato che i blog italiani – a differenza di quesìlli stranieri – hanno pochi banner pubblicitari. Io amo parlare delle cose che conosco, che ho provato e che mi capita di consigliare alle amiche quando facciamo quattro chiacchere; se qualcuna delle aziende di cui ho parlato volesse mettere della pubblicità oppure mi chiedesse di parlarne ancora (a pagamento), beh, non ci vedo nulla di male. Penso che la cosa più importante in tutto questo sia la trasparenza. Un banner a mio avviso è molto trasparente perchè dichiara subito l’intento pubblicitario. Chiaro che l’amministratore del blog deve fare selezione: ad esempio io sono molto attenta al biologico, farei ridere se mettessi un banner della McDonald. Ieri ho parlato della Holle (farine bio) che uso regolarmente da qualche anno, se la holle mi offrisse dei soldi … why not?

  14. Daniela dice:

    Uhm… sono un po’ combattuta su questo argomento. Non penso ci sia nulla di male se chi parla bene del prodotto XYZ riceve un compenso, di qualunque tipo, ma ai miei occhi perderebbe credibilita’.
    Io penso che perche’ un’opinione sia sempre sincera e attendibile debba essere LIBERA, e qualsiasi tipo di rapporto di tipo remunerativo con l’azienda produttrice secondo me finirebbe per falsare l’opinione del “pubblicizzatore”, magari anche in buona fede. Sinceramente non so se riuscirei a fidarmi di chi mi consiglia una cosa sapendo che sta avendo un compenso per dirmelo.
    Magari siamo tutti onesti e accettiamo di pubblicizzare solo cio’ che ci piace davvero, ma attenzione: la forza di questo mezzo potentissimo che abbiamo per le mani e’ la liberta’ di espressione, poter dire quello che pensiamo indipendentemente da tutto il resto. L’arrivo di pubblicita’ piu’ o meno esplicita’ e’ avvenuto anche nei food-blog, che io seguo molto, e temo sia inevitabile. Penso che possa avere anche dei lati positivi, in qualche raro caso in cui e’ stato fatto in maniera molto intelligente, ma piu’ spesso mi ha fatto sembrare peggiorata la qualita’ di cio’ che stavo leggendo, e siccome mi sento gia’ fin troppo bersagliata dalla pubblicita’, ho smesso, con dispiacere, di leggere quei blog. Niente di personale nei confronti dei blogger, ma solo una mia libera scelta sulla qualita’ delle cose che leggo.
    Spero solo che la blogosfera non diventi, come la TV, una farsa in tutto e per tutto.
    Grazie, Panz, per questo post, mi ha fatto riflettere.

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