Una persona provinciale

Sono provinciale. Sono una donna provinciale. Mi piace abitare nel quartiere e andare al bar del mio quartiere. Mi piace fare le chiacchiere con la fruttivendola e parlo anche con i piloni della luce. Da quando c’è la frollina è come se si fosse acuita la mia socialità di mammadeigiardinetti, ma non di quelle che fanno la gara – sia ben inteso – che quelle proprio mi danno un gran da fare, ma più come persona che comunica.

Se trovo qualcuno che c’ha voglia di scambiare quattro chiacchiere, quando siamo per strada, io mi fermo e chiacchiero. Sfuggo come la peste le mamme lamentose – che poi in realtà fanno le sborone e dietro a dei malcelati lamenti “paolino è talmente ATTIVO che mi distrugge la casa…non so cosa fare! a 9 mesi MI CAMMINAVA ed è stato un disastro perché voleva tirare giù tutti i libri e – pensa tu – quello che gli interessava di più era la DIVINA COMMEDIA!” nascondono tutto l’orgoglio tipico di quella che pensa che suo figlio è un genio, molto avanti al tuo e a qualunque fottuto Einstein viva nel raggio di kilometri.

Sfuggo anche le mammemamme, quelle che se non parli dei bambini sei finita, gli si fa tabula rasa nel cervello e non spiccicano parola fino a quando non possono ritornare a bomba sulla cacca e la nanna.

Sfuggo le mammefighette che sembra che la crisi sia non poter andare in montagna a sciare per più di una settimana, che con quelle – mi dispiace – ma la mia condizione proletarioprecaria mi impedisce di dialogare. Mica perché sono ricche eh? mica per quello.

Ma perché pensano che tutto il resto del mondo lo sia.

Non sfuggo invece i sorrisi ampli che ce ne sono molti ai giardini e per le vie della città: nel quartiere io li incontro al bar o all’asilo di mia figlia che poi si finisce sempre, tra noi mamme che lavoriamo in modi strani e senza cartellino, per andare a prendere un caffè e scoprire che siamo qualcosa di più e altro, oltre che la “Mammadisilvia” e la “mammadielena” e così via.

Non sfuggo i pasticcieri e il mio è proprio un grande: c’ha questa passione per la frollina e mentre siamo lì, con me che prendo un buon caffè e chiacchiero con la moglie, lui fa vedere il laboratorio alla Prole, le dà un pezzetto di pasta e le cartine dei cioccolatini con cui giocare e le fa assaggiare la crema calda.

Non sfuggo nemmeno la fruttivendola campana che sono anni che vive a Bologna e mi insegna che a Molinella sono buone le zucchine e le patate e qual’è il contadino da cui si rifornisce. 

Per non parlare della fornaia che si chiama come mia figlia e c’ha tutti dei pani speciali che io vado a nozze e quando entri nel suo negozio – fatto di fiocchetti e vetrine allestite a rosette – ti incanti e ti perdi come se fossi nel paese delle favole.

Non è che ho tutto questo tempo per fare socializzazione di quartiere ma un po’ si, per via della frollina. 

Che quando la vado a prendere da scuola e torniamo a casa io mi rigenero, sono di nuovo pronta a rimettere il culone sulla sedia e lavorare mentre lei dorme e il cervello affumicato dai bit del mattino si riprende.

E quando torniamo a casa da scuola, la frollina ed io c’abbiamo le nostre tappe. Sempre le stesse. Sempre magiche.

Che per esempio c’è un negozio di fumetti e lei si ferma e guarda i fumetti e sogna e poi qualche vetrina dopo c’è un negozio di non so che cosa che in vetrina è pieno di gnometti di tutti i tipi e mia figlia allora ogni giorno conta gli gnometti (quasi come conta le cacche di cane) e mi chiede dov’è la mamma di questo e dove sta andando quell’altro in un’orgia di fantasia che alla fine devo staccare le sua ditina appiccicate al vetro con lo scalpello.

Che il padrone di questo negozio/ufficio ormai ci conosce e ogni giorno ci salutiamo, noi da una parte, lui seduto al computer, dietro al vetro, protetto dall’esercito degli gnomi.

Mi piace che ci fermiamo sempre davanti alle vetrine di quell’altro bar, l’altro bar mio preferito, vetrine antiche come il mondo che cambiano con le feste e le stagioni e adesso c’è una mascherina di zorro che avrà la mia età, tutta coperta dai coriandoli del carnevale, in mezzo al panone e alle bottiglie di lambrusco in bella vista.

La Frollina poi c’ha una passione per le edicole e allora un altro posto dove dobbiamo fare sosta sono le edicole che le piacciono molto le riviste che stanno dietro, quelle che uno che compra il giornale non vede mai perché sono di nicchia e si tengono nella vetrina alle spalle del baracchino. Ce ne sono davvero di strane, tipo quelle per cacciatori, che ogni animale c’ha la sua rivista, vive il suo momento di gloria prima di essere abbattuto.

A me mi fanno paura sti giornali che ti insegnano a cacciare il bufalo e il cinghiale o la cinciallegra che poi non sarà mai più così allegra. Robe un po’ macabre ste riviste di morte, ma la frollina non lo sa, lei vede gli animali e le sembra che il mondo sia un gran bel posto: un paradiso bucolico dove tutti viviamo in pace e armonia.

Sono una persona provinciale che le piace camminare e guardare il cielo e fermarsi per un saluto.

Una di quelle che se le metti a New York hanno bisogno anche lì di annusare, crearsi un percorso, una mappa mentale, un perimetro di affetti e vicinanza e conoscenze.

E alle persone provinciali come me, bisogna ammetterlo, i figli fanno un gran bene che loro e le loro abitudini ti giustificano: coprono le tue.

5 commenti
  1. Silvia gc dice:

    Ma io in realtà questo postone non lo voglio commentare, volevo solo farti sapere che me lo sono proprio gustato… insieme al caffè!
    grazie!

Trackbacks & Pingbacks

  1. […] Io sono una persona provinciale e mi piace avere delle piccole, rassicuranti certezze. Forse perché ho traslocato molte volte, forse perché il passato è sparso. Forse perché sono uno scorpione che ama la casa e le consuetudini. Condividimi: […]

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