I monumenti marcati

Leggo un articolo su l’Espresso n.34 del 21 agosto dal titolo Restauri in monopolio che mi ha lasciato senza parole. Voglio scriverne anche qui, perché secondo me sono poche le persone che ne sanno qualcosa.

Il progetto “Monumenti d’Italia” ha fatto si che la società Impredcost di Giuseppe D’Elia ottenesse il monopolio del restauro delle statue site in piazze pubbliche italiane. Si tratta di un accordo- quadro stipulato dal Ministero dei Beni Culturali secondo il quale – di fatto – la Impredcost avrebbe carta bianca circa le operazioni di restauro.

Con alcune condizioni, che spiega lo stesso D’Elia:

«Noi ci assumiamo tutti gli oneri e i rischi connessi alla realizzazione dei lavori, che affidiamo a ditte in possesso dei necessari requisiti, accertati dalle competenti soprintendenze», ha spiegato D’Elia. «Ci riserviamo esclusivamente la possibilità di utilizzare i necessari ponteggi a fini pubblicitari. La scelta degli interventi per ogni singola città viene definita in accordo con la proprietà e le soprintendenze territorialmente competenti. A queste ultime, cui vengono sottoposti per l’approvazione i progetti e la programmazione degli interventi, è comunque affidata l’alta sorveglianza sui lavori».

Secondo l’Espresso, le questioni intorno alla vicenda sono numerose:

  • la Impredcost esegue i lavori a costo zero per gli Enti Locali ma in cambio incassa cifre esorbitanti da parte dei privati che vogliono pubblicizzare sui cartelloni a copertura del restauro;
  • nella maggioranza dei casi i lavori stanno andando per le lunghe e mentre il monumento è ingabbiato dalla pubblicità, capita che nessuno operaio ci stia lavorando;
  • è stato disatteso l’impegno a coinvolgere giovani diplomati presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e l’Icr di Roma (solo 5 ragazzi hanno trovato reale impiego in questi cantieri).

Recentemente c’è chi ha sottolineato l’illegittimità dell’assegnazione (senza procedura di evidenza pubblica) e in regime di monopolio e gli esposti sono arrivati fino alla Commissione Europea. Secondo il Ministero non ci sono gli estremi per parlare di monopolio perché – come afferma la dott.ssa Ragni, (cfr. l’Espresso) -: “quella convenzione era solo un accordo quadro e non una direttiva agli enti locali”.

Tramite il blog Napoli blog (leggete i commenti, ce ne è uno di Gennaro D’Elia e poi leggete l’ultimo) trovo questa comunicazione della Cna:

Burocrazia, accentramento, mancanza di dialogo con le imprese. E anche storie di ordinario clientelismo ministeriale, degne della peggior prima repubblica. Questi i mali che, secondo CNA artistico e tradizionale, si annidano nel settore dei beni culturali italiani. «Nel confuso panorama italiano della conservazione e valorizzazione dei beni culturali è in atto da decenni un faticoso, penoso, percorso di transizione», spiega Gian Oberto Gallieri, coordinatore di CNA restauro. «Lungo questa strada, negli anni, la CNA, con le sue imprese di restauro, è stata coerente protagonista di un tentativo di cambiamento». Tentativo però reso marginale, secondo l’associazione, da una volontà istituzionale a prevalenza burocratica, tendente alla centralizzazione e, conseguentemente, all’esclusione del dialogo di fronte alla realtà italiana del settore estremamente composita. «Così la mancanza di un vero confronto con le categorie interessate ha reso ancor più evidente l’inettitudine di governo della casta politica», aggiunge Gallieri, «per cui le proposte di riforma, al di là delle chiacchiere, pareva non fossero uno strumento per far progredire il paese, ma solo un fastidioso ostacolo nella partita di caccia al consenso elettorale». L’evidente incapacità dei politici di legiferare tout court, almeno in tempi ragionevoli, fa notare la CNA, «ha provocato soprattutto un caotico iter di leggi sovrapposte, di cui non s’intravede ancora la conclusione.
Ne deriva una situazione preoccupante, con regole incerte sui percorsi formativi di chi opera, con le nostre imprese che devono cimentarsi con una complicata, poderosa mole legislativa e con un sistema di gestione degli appalti pubblici e privati che è, a nostro parere, uno degli ostacoli a una corretta impostazione ed esecuzione degli interventi sui beni culturali».
Il dito è puntato anche sugli appalti, assai onerosi e difficili da gestire per le piccole aziende di restauro, con meccanismi e tempi di realizzazione di solito rigidi, «modellati su una tipologia prettamente industrial-fordista, che non lasciano spazio o riducono ad azioni secondarie e opzionali l’accertamento e lo studio preliminare e che provocano ribassi assurdi, eccessivi, con scarse garanzie di qualità Ultimo esempio di degrado, fa notare CNA artistico e tradizionale, è ciò che è accaduto nei mesi scorsi al ministero per i beni e le attività culturali. «E’ successo», denuncia Gallieri, «che la direzione generale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico ha sottoscritto una convenzione quadro per la sponsorizzazione di interventi di restauro di monumenti statali e non, dislocati sul territorio nazionale (vale a dire nelle più importanti piazze d’Italia), con una certa società napoletana, denominata Impredcost srl, che si faceva carico di una spesa complessiva di 5,025 milioni di euro.

Ma perché ovunque si scava, in qualsiasi settore, viene sempre fuori che dobbiamo viaggiare a chiappe strette??? Sapevate qualcosa di questa storia?

5 commenti
  1. supertri dice:

    Non avevo la minima idea di questa ennesima porcheria. Ho letto i commenti al post nel blog che hai linkato….veramente edificante.
    Poi c’è sempre una cosa che mi lascia perplessa. Gente che emette assegni scoperti da 10.000 € o lascia fatture insolute per 90.000 € e finisce comunque per continuare ad aprire aziende…Io sicuramente non ho le amicizie giuste;-)…aggiungo per fortuna!!

  2. FrancescaV dice:

    non ne sapevo nulla, e sono schifata, i monumenti italiani sono patrimonio nostro e di tutto il mondo, devono mettere giù le loro manacce dalle cose che sono nostre e NON LORO.

  3. elisa dice:

    Ormai, purtroppo, non mi sorprende più nulla.
    D’altra parte che siamo in mano ad una compagine di briganti farabutti che stanno depredando ciò che rimane dell’Italia è noto.
    Ahimè!

  4. desian dice:

    Ciao Fra, l’articolo dell’Espresso spiega molto bene questa “bella” faccenda che, come dici, non molti sapevano.
    Tempo fa, del tutto casualmente, alzando gli occhi verso un ponteggio di restauri presso gli Uffizi, scrissi questo:

    http://desian66.blogspot.com/2009/04/piccadilly-uffizi.html

    Ora purtroppo non so se quei ponteggi con quella pubblicità televisiva possano far riferimento a questa specifica questione ma il malcostume, il peculato nelle assegnazioni dei lavori pubblici, la tangentopoli mai estirpata ci sono e sono sotto i nostri occhi. Non scoraggiamoci ma continuiamo ad indicare coi nostri “ditini” quel che non ci piace, quel che ci indigna e le storture che vediamo di fronte a noi. Ogni giorno, purtroppo.
    Ciao!

  5. FrancescaV dice:

    Grazie Desian di aver messo anche il link a quest’altro sfruttamento.

    Panz, ho condiviso il tuo post su Facebook, perchè purtroppo credo che come me molti non ne sanno nulla.

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