La strana infanzia di Tino

Succede da quando lo conosco.

Tutte le volte che – in compagnia di amici o nell’intimità di Villa Borghese – capita di parlare di infanzia e adolescenza, magari ricordando vacanze, primi appuntamenti, storielle scolastiche condivise dalla maggioranza dei nostri coetanei, Tino mi inquieta.

Sempre.

Cioé per esempio si racconta della colonia. Io e l’amico Jappe – per dire – ci scambiamo ricordi meravigliosi dei nostri viaggi in colonia. Lui prima ascolta, poi si mette seduto per terra, incrocia le gambe e non appena noi si è alzati gli occhi sorridenti al cielo, alla ricerca di quel meraviglioso attimo fanciullesco, assaporandone l’intenso ricordo e godendone intimamente, arriva la sua stoccata. Tipo ago che fa scoppiare il palloncino che ha appena spiccato il volo.

Io l’unica volta che sono andata in colonia ero in un posto così brutto che al confronto la spiaggia di Fantozzi quando va via con il carro funebre era un paradiso terrestre!

A nulla vale cercare di approfondire l’argomento per capire di quale posto sta parlando e di che genere di colonia. Lui ti guarda con l’occhione bovino di tristezza e ti mette addosso una malinconia che ti senti in colpa per avere avuto un’infanzia ricca di colonie felici.

Oppure, più banalmente, si racconta della Frollina che al mare scava buche profondissime e diventa amica di tutti i bambini della spiaggia. Magari si è proprio lì, sulla spiaggia a bearsi di questa splendida creatura che socializza felice, rumigando in mezzo alla sabbia.

Io da piccolo costruivo piste per le biglie. Lo facevo nella speranza che qualcuno volesse giocare con me. Ad un certo punto arrivavano dei bambini fichissimi e si mettevano a giocare con le biglie ma poi mi mandavano via…

Tristezza che non viene da sola, che non viene da ora………

All’inizio della nostra relazione abboccavo come una cretina. Lui mi raccontava queste storie penosissime di un periodo nero in cui nessuno se lo inculava:

Alle elementari mi dicevano “vai via ciccione”, alle medie mi dicevano “vai via ciccione”, alle superiori non me lo dicevano più perché nessuno mi rivolgeva la parola.

E io giù a riempirlo di coccole e abbracci e a confortarlo che il mondo non è più così cattivo con il mio tesoro.

Poi sono passati gli anni e un sospetto, un piccolo dubbio è venuto anche a me.

Cioé: è matematicamente impossibile che tutte le sfighe le abbia avute lui. Non ci posso credere che nessun cristolino di bambino gli volesse bene. Che sarà pure logorroico, c’avrà pure l’orsite a singhiozzo, ma in fondo è un buon ragazzo e ci si diverte pure con Tino, quando si lascia andare.

Le sue storie hanno cominciato a insospettirmi.

Passi pure la volta che ha dovuto abbandonare una festa – a 23 anni – perché si è messo a raccontare barzellette politicamente scorrette su un cow boy razzista senza accorgersi del colore della pelle della padrona di casa.  Credo che sia vero anche che c’erano delle estati che le passava a fare il benzinaio per pagarsi le vacanze in Inghilterra (durante le quali la cosa più simpatica che gli capitava era essere derubato nella pubblica piscina del Regno Unito o dover mangiare tortellini al cioccolato in brodo presso la famiglia che lo ospitava).

Ma la mia mente ormai fatica ad accettare che tutti lo picchiassero, lo chiamassero costantemente con soprannomi viscidi e poco carini e che trascorresse la maggior parte del suo tempo a leggere Dante Alighieri fin dall’età di 5 anni!

Secondo me il Tino ci manipola.  Secondo me la verità vera è che fin dalla prima limonata con la fidanzatina, ha compreso bene che a noi donne i casi disperati ci mettono in quello stato emotivo che vogliamo salvarli e coccolarli e appoggiarli stretti, stretti ai nostri petti salvifici per un lungo pianto liberatorio e una bella terapia psicologica a costo zero che ci farà sentire infermierine felici.

E così, nel tempo, la strana infanzia di Tino ha preso il sopravvento e il verosimile – come nella migliore tradizione postmoderna – ha preso il posto del reale…

E lui sarà sempre il bambino sfigato a cui il gatto e la volpe hanno fottuto il salvadanaio.

13 commenti
  1. Tonks dice:

    Ma povero Tino! Anch’io ho avuto un’infanzia triste, essendo brava a scuola venivo sistematicamente isolata, soprattutto perché mi rifiutavo di passare i compiti, ma dico io : mi facevo un sedere così, rinunciando ai divertimenti, e gli altri pretendevano di avere gratis e con facilità i compiti per cui avevo faticato, ma che c’avevo scritto in testa Gioconda? Tzè!

  2. Panz dice:

    @mammafelice: mi sono ribaltata dal ridere!!! “adotta un tino” è bellissimo. gli facciamo ripopolare una foresta? 😉

  3. Tino dice:

    @Lorenzo: no no, purtroppo è vera… diciamo che è un possibile argomento a favore della mia totale assenza di pregiudizi… e parimenti della mia imbecillità…
    un salutone, Lorenzo! e in bocca al lupo per la nascitura! Tenete duro!!!!!!!! groeten (spero si dica così)!!

  4. Slim dice:

    Tino io ti capisco benissimo, anche la mia infanzia e’ stata peggio di un film di ken Loach: noi dovremmo fare una raccolta di racconti tristi..come quella volta che alla recita delle elementari a tutte le altre bambine della mia classe sono state assegnate parti carine, chi la fatina o chi la principessina, mentre e a me la maestra ha fatto fare l’albero 🙁

  5. supertri dice:

    Cara Slim, non ti lamentare. A me, alle superiori, è toccato Shylock nel Mercante di Venezia…non so se mi spiego. E non nella palestra della scuola ma in un teatro di Bologna. E la regista era pure una donna. Come scusa mi ha detto che ero brava quindi potevo fare anche un vecchio, brutto, rinsecchito e pure str….o;-))

  6. Francesca dice:

    Pensa che a me in una recita prima volevano fare fare l’albero, poi non mi fecero fare neanche quello, in un’altra con bambini di varie età TUTTE le bambine della mia classe erano state chiamate a partecipare eccetto me. Mi chiedo che avessero in testa gli educatori a non capire come mi sentivo.

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