Master mind (forse è solo una prima puntata)

Ho letto questo post e mi è venuta nostalgia di uno dei periodi più strani, faticosi, belli, stimolanti, diversi della mia vita.

Mi sono laureata nel 2001 – che di anni ne avevo 27 e avevo fatto molti lavori e molte volte avevo meditato di cambiare facoltà (per la verità, dopo il primo anno l’ho pure fatto che avevo iniziato geologia!) e a volte avevo pure pensato di non finire l’Università.

Ho sempre lavorato. Sempre vissuto due vite parallele: quella della studentessa e quella della lavoratrice. Sono andata a vivere da sola (con mio fratello, poi con un’amica) che ero molto giovane e così per certi versi facevo le stesse cose dei miei coetanei studenti, per altri vivevo come sospesa in un Universo da lavoratrice che mi apparteneva solo per metà.

Non ho mai avuto voti da studentessa modello. Non ho mai pensato che l’unica opzione fosse prendere 30 e infatti portavo a casa – peraltro con gioia – anche dei 27 e dei 28 e il 19 dello scritto di Latino me lo sono coccolata come pochi.

Mi hanno bocciata talmente tante volte allo scritto di italiano che alla fine ho deciso di andare a fare l’orale con l’insufficienza. “Lei non sa scrivere” mi disse una assistente del Professore.

Fu un duro colpo per me. Al Liceo prendevo degli ottimi voti in italiano, la mia professoressa del ginnasio mi diceva che ero una persona dalla scrittura creativa e di coltivare questa dote.

Dopo la terribile esperienza universitaria, ho smesso di scrivere per anni.  Ho ricominciato con la tesi e con la collaborazione con una rivista universitaria, che ha segnato la mia carriera professionale e ha diretto più precisamente le mie inclinazioni verso la Rete.

In ogni modo.

Fino al 200o circa ho pensato di essere una persona poco intelligente. Non entrerò nei dettagli sordidi, ma diciamo che ero formattata così. La frase che costantemente mi rimbombava nella testa, quando dovevo dare un esame era “Devi studiare almeno il doppio degli altri, perché il tuo cervello vale la metà”.

Questo pensavo, questo dimostravo. Non osavo parlare con persone che mi sembravano troppo brave e interessanti e intelligenti per me e le mie scelte di vita erano sempre vincolate a questo assioma che mi inchiavardava le idee e la testa.

Poi c’è stata la tesi. Poi c’è stata la rivista.

Poi è arrivato Tino.

Tino è stata la persona che più di tutte mi ha fatto rivalutare me stessa. Cioé, io già mi sentivo onorata che una persona intelligente come lui si interessasse a me, provasse piacere a parlare con me. Il fatto che mi ascoltasse e si interessasse al mio mondo e leggesse la mia tesi trovandola interessante, ecco, mi sembrava straordinario.

Lui un giorno mi ha detto: “Tu non ti rendi conto che nel mondo ci sono persone che usano un quarto del cervello che usi tu.  Non sprecarti. Fai quello che vuoi fare” e ho capito che forse mi ero sgridata un po’ troppo nella mia vita intellettuale.

Ho fatto una tesi su un autore che amavo. Ho cercato di trovare vie inusitate per osservare alcune sue opere. Mi sono esaltata scoprendo che i critici non avevano mai indagato i suoi rapporti metatestuali con un altro poeta e ho preso coraggio: sono partita verso un festival letterario a cui partecipava e sono andata a parlargli e a presentarmi.

Tutto per me era nuovo. Era nuovo pensare che scrivevo cose e forse non erano così banali. Era nuovo pensare di poter fare bene qualcosa che mi piaceva.

Mi sono laureata e ho preso un bel 107. Che non ha fronzoli o lodi ma per una cresciuta convinta che il suo cervello andava bene da friggere, ecco, diciamo che è stato un successo grandissimo. Il giorno dopo aver discusso la tesi, mi è arrivata una lettera (vergata a mano) dell’autore su cui mi sono laureata. Gli avevo dato la mia tesi. Mi scriveva le sue impressioni.

E’ stato il momento più emozionante di quei giorni.

A quel punto della mia vita avevo già scoperto il web, l’ipertestualità e le potenzialità concettuali e comunicative della Rete. A quel punto, per la prima volta nella mia vita, dopo aver tante volte sentito dentro il morso dell’incertezza, della paura e del “non ho idea di cosa farò dopo”, sapevo già che avrei voluto lavorare con il web.

Non avevo soldi. Non potevo permettermi un Master alla Bocconi o cose del genere. Dovevo sperare in una bella botta di culo.

Era la fine del 2001 e ancora ci si laureava alla vecchia maniera. I master non erano diffusi come oggi. Però l’Unione Europea cominciava a elargire fondi per i giovani.

Il giorno dopo la mia laurea, navigando in Rete, in cerca di qualche possibile via per raggiungere il mio obiettivo, trovai un Master a Milano. Informatica e comunicazione per le scienze umanistiche. Ok ce l’ho. Finanziato dal Fondo sociale europeo. Ok ce la posso fare.

Selezione.

Sono andata alla selezione con la sicurezza, la certezza, l’amor proprio bastante perché mi dovessero prendere. Avevo la passione, avevo pure qualche base e sentivo che quel lavoro era il mio destino. Non mi ero mai sentita così. Tino mi diceva che ce la potevo fare, che ero brava e che se anche mi fosse toccato di stare un po’ a Milano, lui mi avrebbe spalleggiato.

Alla selezione eravamo tanti. La seconda faccia che ho visto era quella di Adele. Era seduta su un banchetto, ad attendere il proprio turno per entrare all’esame e aveva tutta la faccia un po’ tirata. Allora non sapevo che saremmo diventate amiche e lo saremmo state ancora, anche a tanti anni di distanza.

Mi sono laureata a novembre 2001 e a gennaio 2002 vivevo già a Milano. Iniziava un periodo strano, bellissimo, faticoso, fatto di informatica e filosofia, fatto di sogni e realtà, di persone belle e persone brutte, di saluti amorosi alla stazione, con Tino e case di fortuna a Milano.

Era di questo che volevo scrivere in questo post. Dei miei amici, dei coinquilini, degli studi matti e disperatissimi, delle tante sigarette e invece alla fine ho parlato di altro

ho parlato della prima volta in cui ho scoperto

che tutti siamo intelligenti

a prescindere

dalle lodi, dai voti universitari, dai professori che ti dicono che non sai scrivere e da tutte le cose che ti formano e si formano come cicatrici nel cuore e nella mente

e sono catene

ma le puoi sempre sciogliere.

La prossima volta vi racconto quello che vi volevo raccontare.

16 commenti
  1. mammaemigrata dice:

    Ecco, queste ultime frasi sono proprio perfette. Parli di catene e hai ragione, perchè in questo sistema scolastico che troppe volte si rivela essere sbagliato, si tende sempre a lodare troppo chi esegue, appunto, scolasticamente, i compiti, e a incatenare invece chi dovrebbe essere premiato per aver scelto percorsi inusitati, difficili, originali. Troppe volte la scuola si permette di “tarpare le ali” a quelli che hanno capito, a differenza dei prof, che l’istruzione impartita è solo uno strumento che dovremmo tutti usare per ragionare a modo nostro, e non è invece scienza infusa da prendere come oro colato. L’ottusità è il difetto che meno sopporto nelle persone. Quando poi usi questa ristrettezza di vedute per umiliare qualcuno che è troppo brillante perchè tu possa capirlo, si tocca veramente il fondo. E la cosa triste è che questo capita in qualsiasi scuola: dalle elementari all’università, finanche ai corsi serali di specializzazione per adulti. Aspetto con ansia la seconda puntata, e meno male che hai capito tutte queste cose, perchè a me piace tantissimo leggerti.

  2. fra dice:

    questo post mi ha emozionata panz! io ho una bassissima stima di me stessa e nonostante le riprove del fatto che non sarò un genio ma neanche una stupida faccio davvero molta fatica a credere di essere una persone che vale. Leggere la tua esperienza mi fa credere che magari un giorno riuscirò a vedermi così come mi veda il mio compagno e i miei amici o le persone che per qualche motivo mi stimano.
    Grazie, un bacio
    fra

  3. Panzallaria dice:

    @fra: che poi si va a giorni. queste, purtroppo, sono cose da cui non guarisci una volta per tutte. ma decisamente si può migliorare e sforzarsi di spegnere la vocina bastarda che fischia nell’orecchio 😉 solidal panz

  4. Virgy dice:

    Grazie Fra’
    con queste tue parole lenisci un pò le sofferenze delle cicatrici formatesi nella mia mente a causa di qualche professore stronzo che mina la tua sicurezza per il solo gusto di farlo perchè siedono di là dalla cattedra. Spero proprio di riacquistare la forza per mettermi sull’ultimo esame dopo anni di abbandono e lentezze (però c’è la mia fantastica Pasticcina!!!) abbeverandomi alla tua magica fonte energetica.

  5. pennylope dice:

    cara Panz, le catene io le ho ancora anche se razionalmente so che hai ragione tu.
    vorrà dire che nei giorni più difficili rileggerò questo post.

  6. adele dice:

    posso solo dire uilililiiiiliviiii! per non essere troppo autoreferenziali spiego: era il motivetto che canticchiava Panz sulle note della colonna sonora di Titanic nei momenti più difficili, o più scazzati, o più sentimentali, o più in fattanza. Insomma, la cantava spesso e per molti è stata la colonna sonora di un master che senza di lei non sarebbe stato lo stesso

  7. adele dice:

    precisazione: non solo Panz sa fare spogliatoio come nessun altro, ma il suo contributo al master è stato importante per far emergere discussioni e punti di vista tutt’altro che banali

  8. Lumaca a 1000 dice:

    mi sono commossa…sono contenta che alla fine tu abbia scritto il post così invece che quello che avevi in mente, perchè io adesso sono proprio in quella fase della vita, ho 25 anni (io però non vado all’università) e un lavoro, il lavoro mi piace ed è anche un lavoro tutto mio, e tu qui dirai ” e di che ti lamenti?”, infatti non mi lamento, solo che è un periodo che sono in crisi perchè c’erano 1000 cose che avrei voluto fare e mi sono resa conto che le avevo quasi dimenticate e ora non so che fare vorrei tenere i piedi in troppe staffe e allo stesso tempo penso che non sarei mai in grado di fare le cose che vorrei (e per me che non ho mai avuto problemi di autostima è proprio brutto)!
    scusa lo sfogo e grazie per aver scritto questo post, è arrivato proprio al momento giusto, mi ha rincuorata!
    alice

  9. hybris75 dice:

    ti seguo spesso in sielnzio,ma ti adoro!

    E sai perchè?

    Sei l’unica mamma che conosco…capace di staccare la spina,anche solo per un attimo, da sua figlia ed essere una persona,prima che un genitore.

    Credo che coltivare se stessi, anche quando si ha la gioia immensa di un bambino, sia il regalo più bello che si possa fare al proprio bambino.

    Ed invece…ho perso tante persone ( ma conto di recuperarle, in seguito) proprio perchè hanno definito la loro vita solo entro i confini della maternità/paternità.

    Un caro abbraccio

    Hybris

  10. Panzallaria dice:

    hybris75: grazie. mi hai fatto uno dei complimenti più belli che un genitore spera gli venga fatto. grazie. di cuore 😉

  11. sononera dice:

    sono così d’accordo con te che vorrei averti vicina per abbracciarti..pensa se avessi dato retta al professore..pensa se avessi dato retta alla parte di te che ti diceva devo studiare il doppio perchè il mio cervello vale la metà..adesso IO non sarei così felice di leggerti, e forse e spero presto di conoscerti..

  12. alessia dice:

    ciao Panz io credo che nella vita si incontrano talmente tanti imbecilli che provano alla fine ci convincono un po anche a noi che siamo così.io ho sofferto della sindrome della stupida per tanto tempo e ne sono uscita da sola vedendo che ho trovato un lavoro senza darla ho trovato un famiglia non sapendo neanche cosa fosse e mi sono scontrata con realtà che riuscivo a vedere al contarario di altre persone.
    Ad MAIORA è il mio detto e tu sei l’esempio che il cervello funziona a chi cercano di fermarlo

  13. Mammamsterdam dice:

    No panz, dissento, non siamo tutti intelligenti, ci sono anche un grosso quantitativo di persone in gro senza remissione di peccati. Il che non toglie che tutti noi geni lo siamo dalla nascita, anche se a volte bisogna scoprirci (ma tutto questo fa parte di un mio momento introspettivo attuale in cui ho deciso di smetterla di fingere che tutti siano al mio livello. C’è un sacco di gente che non lo è ed è più felice di me, però io pirsunalmente di pirsuna mi sono scocciata di fingere per amore di compagnia).

  14. dani dice:

    Poche volte, come ora, mi sono rivista e ritrovata in questo post. Per me il periodo nero, buio e del “studia il triplo, che tu vale meno della metà” fu al liceo. Arrivata all’uni iniziò per me il periodo della riscossa, una corsa inesauribile verso non so cosa.
    Anni dopo anche per me, inaspettatamente, arrivò qualcuno che mi fece capire che ero stata troppo dura con me stessa e che, forse, potevo essere fiera del mio cervello…

    Che bel post che hai scritto.
    Grazie per avermici fatto rivedere.
    🙂

  15. Alessia dice:

    Ah Panz, io mi rammarico sempre di non tiuscire a leggere i blog che amo con regolarità (ed il tuo è decisamente uno di questi!), bellissimo questo scrorcio che hai fatto e mi trovo d’accordo sia con te che con Mammasterdam.
    Ci sono tante persone che intelligenti non lo sono affatto, anzi mi sa che lo potrebbero essere se cominciassero ad usare quell’organo lì che tu volevi far fritto e che invece loro lasciano nella naftalina, tornando a te, meno male che fritto non l’hai fatto 😉

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