Dettagli del mio lavoro

Nella mia vita ho fatto un sacco di lavori diversi. Ho messo i volantini in buchetta, girando per ore su camioncini lerciosissimi in posti dimenticati da dio ma non dal marketing e pubblicità. Ho fatto l’aguzzina – recupero crediti telefonico, per i più snob – , ho insegnato nuoto, ho fatto la baby, dog, cat sitter e poi – da quando sono diventata una persona grande – mi sono data al web e alle sue mille declinazioni.
Avendo scelto una specializzazione più seria, ho cominciato a essere creativa sulle applicazioni e così ho scritto/progettato per siti di qualsiasi genere.
Da un anno mi occupo di sanità. Dal 1 ottobre lavoro in un ospedale della mia città.
Lavorare in un ospedale, non credevo mica, non è come lavorare in un assessorato o per un’agenzia di comunicazione. Scrivere, scrivo sempre, ma adesso è un po’ tutto diverso.
Perché ogni tanto mi capita di fare delle riunioni o dei giri, per motivi professionali, dentro ai reparti e in questi giri si vedono delle cose che una come me, che è un po’ emotiva e che un po’ si fa molto prendere, ecco le cose che si vedono ti rimangono negli occhi e nel cuore.
Poi ci sono momenti come per esempio sabato, che ecco io mi sento che lavorare in ospedale è proprio diverso che farlo in un altro posto e se è più difficile, di sicuro ti dà anche tanto di più.
Sabato abbiamo organizzato una festa di carnevale per i bambini dei reparti ed è venuto anche un contastorie che è stato molto bravo e abbiamo addobbato una sala di quelle affrescate del 500 in un posto per bambini, con tanto di palloncini e di ali di farfalle e mascherine e coriandoli.
C’era anche una dirigente dell’ospedale – che è una donna molto bella – che si era vestita da fata medievale e lei ha presentato tutto questo spettacolo.
Ma i protagonisti veri erano i bambini della pediatria e i bambini della chemioterapia che sono arrivati, chi con le proprie gambe, chi sulla seggiola, per vedere tutto questo lavoro e prendere i regali, che per gli ospedali c’è sempre qualcuno che manda un sacco di regali bellissimi.
Io ecco, lo dico senza vergogna, quando ho visto arrivare questi bambini – specie quelli sulle sedie, specie quelli che non hanno capelli e sopracciglia e ad alcuni gli mancano anche altre parti de corpo, che se l’è mangiate un male oscuro – ecco io quando ho visto arrivare questi bambini ho sentito come un pizzicorino in gola che è diventato una specie di macigno e a doverlo tenere buono, ho dovuto per un attimo pensare ad altro, al sole e al cielo e fare finta che stavo facendo volantinaggio a inculandia, invece che essere lì.
Poi è iniziato lo spettacolo, dopo che avevamo sistemato le sedie, gli infermieri e anche i bambini più piccoli davanti. E lo spettacolo era molto bello, roba che ero molto dispiaciuta che frollina non ci fosse perché sarebbe piaciuto molto anche a lei.
Io c’avevo questo groppone e devo dirla sincera – non riuscivo tanto a guardare questi bambini in faccia. Poi ad un certo punto, mentre c’era la musica e lo spettacolo, uno di questi ragazzini, anni 11 non italiano, si è voltato verso la sottoscritta, che non c’era nessun altro e non posso sbagliarmi, e mi ha guardata dentro agli occhi e mi ha allargato un sorriso bello, un po’ lontano per via di tutte le medicine che prende, ma un sorriso molto bello. Come a ringraziare. Che c’avevo appuntato alla maglia il cartellino con sopra scritto “Staff” e allora, secondo me, ha pensato che c’entrassi in tutta questa bella organizzazione e quel sorriso grande che lui mi ha fatto ha sciolto il groppone dentro alla gola e quel groppone si è trasformato in qualcosa che non ho capito bene ma assomigliava molto alla riconoscenza.
E così – tutto d’un tratto – come per miracolo, ho smesso di vergognarmi della mia sanità, ho smesso di pensare al perché il buon dio di chi gli crede vuole che io abbia una figlia che sta bene e in quel momento stava facendo il sonnellino e vuole anche che ci siano persone che soffrono così, così giovani.
Ho cominciato a darmi da fare e a sorridere e alla fine di questo pomeriggio ero davvero contenta, se così si può dire. Nel senso che non si può essere contenti di vedere delle cose così brutte ma di certo ha ragione quella mia amica che un giorno mi ha scritto che tutti, prima o poi, dovrebbero farsi un giro in un reparto di chemioterapia infantile.
Perché se uno va al di là delle solite frasi e pensieri di circostanza, che li facciamo tutti – sia ben inteso -, a vedere certe cose e andare un po’ oltre la sofferenza, impara anche a leggere tra le righe, tra le pieghe della vita. Per un attimo, se così si può dire, uno a fare dei lavori così, si avvicina all’universo. Ne saggia il male ma anche il bene. Che tante volte camminano a braccetto.
26 commenti
  1. Ginger dice:

    Grazie per aver condiviso questo tuo sentimento.
    Mentre ti leggevo sentivo un peso sul cuore.
    Un bacio e buon lavoro
    Ginger

  2. Doc dice:

    Sì, un giro per quei reparti dovrebbe davvero farlo chiunque. Io stesso, che per lavoro saggio quotidianamente l’altrui sofferenza, mi ritengo fortunato a non avere (ancora) avuto pazienti di quelle età.

  3. piattinicinesi dice:

    a me è capitato di andarci per lavoro. alcuni ragazzi (che in pediatria ci sono anche gli adolescenti) mi hanno parlato con uan lucidità tale da lasciarmi dentro un messaggio per sempre. ci sono dei momenti in cui tocchi il nocciolo duro dell’esistenza, nascita e morte, e in mezzo c’è tutto quello che dobbiamo e possiamo fare, senza perdere tempo

  4. Mamma F dice:

    Grazie di avermi fatto piangere in treno davanti ad uno sconosciuto e di avermi fatto sentire ancor più grandemente fortunata per tutta la gioia che avvolge il mio mondo. E anche grazie senza perchè.

  5. LGO dice:

    Il male e il bene bisogna anche un po’ saperli riconoscere, lasciarsi trovare con la guardia abbassata e la testa sgombra. E quando li scopri, il male e il bene, è un po’ una rivelazione, no?

  6. beba dice:

    Per quanto io ogni giorno veda persone malate lavorando in ospedale ciò non mi ha impedito di sentire quel groppo alla gola quando per una malattia di mio figlio siamo andati, poco prima di natale, nell’ospedale pediatrico della nostra città.
    Vedere quei piccolini soffrire è inspiegabile
    eppure è vero come dici tu a volte loro hanno una inspiegabile forza che li fa andare avanti che li fa sorridere alla vita e a chi come queste persone organizzava per loro uno spettacolo.
    ho visto sorrisi aprirsi ad un buffo babbo natale secco come un chiodo con la barba semi staccata da un viso troppo giovane per ingannare anche i più piccoli.
    Ci sono persone che, per quanto suoni brutto a dirsi, escono arricchite da un contatto con i malati.
    Arricchite dalla semplicità, dalla forza dalla vitalità.
    Ci sono responsabili, primari aziende che ancora non sanno uscire dal rigore che temono manchi di professionalità osare.
    Ci sono persone che si lasciano indurire
    e che non si sono arricchite.
    Grazie Panz
    beba

  7. fra dice:

    Io ho vissuto un esperienza simile, ma il bambino ammalato era un mio vicino di casa, un ragazzo con cui avevo giocato, litigato, passato tanti pomeriggi in cortile assieme. E vederlo così, ammalato, colpito da un male bruttissimo, affrontare il suo coraggio, mi ha lasciato qualcosa che non è facile spiegare a parole. Questo tuo post è davvero importante, perchè da voce a un sentimento, una sorta di empatia che è molto difficile da spiegare. Grazie, davvero di cuore
    Un bacione
    fra

  8. elisa dice:

    noi che abbiamo famiglie “normali”, vite “normali”, problemi comuni..non dovremmo mai dimenticarci che questa “normalità” in realtà non lo è affatto; con tutto ciò che succede attorno, è un privilegio.
    Non dovremmo mai smettere di ringraziare per ciò che abbiamo.

  9. stefania dice:

    Ecco avevo appena finito di arrabbiarmi qui in ufficio poi leggo il tuo post e mi sono vergognata, perchè il mio lavoro è basato sulla futilità e sulla vanità, se non fosse che grazie a questa azienda campano centinaia di famiglie. Mi arrabbio perchè nonostante i tanti onorati anni trascorsi qui dentro non vengo proprio presa in considerazione e mi sento umiliata. Poi il mio pensiero torna a questi bambini che già in così giovane vita sono tenuti ad affrontare dolori e sofferenze di cui nemmeno un adulto si capaciterebbe.
    Credo che a tante persone che conosco gioverebbe una visita in questi reparti d’ospedale, per prendere coscienza che al di fuori di questa vita patinata dove si drammatizza per problemi inesistenti, esiste un mondo di sofferenza. E’ giusto ridimensionarsi, fermarsi a riflettere e non dico di amarsi per forza l’un l’altro che non è nemmeno credibile, però di avere rispetto. Intanto ti ringrazio perchè nonostante l’argomento sono più serena visto l’inizio della giornata.
    Un abbraccio
    Stefania mamma di Vittoria

  10. Ortensia dice:

    Se posso, vorrei condividere questo post sul mio blog “Rossano e gli altri”, che parla proprio di queste vite parallele, vite di bambini e ragazzi che ci camminano a fianco ma hanno battaglie diverse dalle nostre da combattere: battaglie per la vita. Anche a me capita spesso, proprio per via del mio lavoro, di entrare da non addetta, negli ospedali. Quello che senti e quello che vedi ti fanno pregare che non debba mai succedere a tuo figlio. Grazie di aver condiviso questa riflessione.

  11. rocciajubba dice:

    Panz grazie.
    Da un po’ non mi facevo un bel pianto liberatorio su dei dolori che mi hanno ferito tanto nell’ultimo anno.
    Perchè se pensi che da quei dolori qualcosa di buono viene per qualcuno allora hai qualcosa a cui aggrapparti per non dire “Ma basta ma che cacchio di senso ha!”.
    Ha il senso di un sorriso davanti a una dirigente che fa la fata e davanti a un’addetta stampa (si dice così?) che crea qualcosa che sa di meraviglioso.
    Grazie.

  12. Sabrina dice:

    Davvero un consiglio, entrate in clownterapy, scoprirete come ridimesnionare i problemi della vita davanti a quei bimbi costretti in ospedale.
    Brava Panz per averci raccontato questa tua esperienza!

  13. monica - pontitibetani dice:

    non si può che condividere questa ondata di ri-conososcenza verso te che hai scritto questo post.
    io che lavoro con alcuni inguardabili (disabilità) mi riconosco nella possibilità di ridere, sorridere, fare, nonostante il limite.
    anzi un limite che apre a diverse possibilità e che rende la vita il posto più strano in cui stare, dove bello e difficile convivono in modo quasi assurdo e ogni volta che facciamo pace con la sofferenza senza espellerla andiamo avanti ancora un pò.
    ma ci vuole qualcuno che narri queste cose, le nomini e ce le ricordi, perchè è facile incistarci (incistarmi) nelle menate proprie …
    grazie quindi e di nuovo…

  14. silvia dice:

    adesso quando giancarlo mi vede piangere assorta davanti al computer, mi dice stai leggendo il blog di panz? cavolo.
    io sono una di quelle che se lo dice ogni giorno mattina pome e sera. quanto sono fortunata quanto siamo fortunati. la vita ci ha sorriso e tutto questo non è scontato neanche un pò.
    grazie panz

  15. Mammina dice:

    Pensa quando succede ai tuoi figli, ti chiedi perchè all’ uno piuttosto che all’ altro. E’ la vita che gioca a dadi.
    Grazie per il tuo blog, un toccasana quotidiano, sei bravissima.

  16. Panzallaria dice:

    i vostri commenti mi hanno colpita. mi sembrava di avere scritto delle grandi banalità, che le mie sensazioni mi sembrano sempre molto banali, di fronte a certe cose, quando le hai intorno tutti i giorni. e invece spero di non perdere mai la banalità di certi gropponi. e voi me lo avete ricordato ancora di più. grazie a tutti voi per il riscontro che mi date sempre. di cuore

  17. Silvia dice:

    Mentre andavo ogni giorno da mio padre che stava morendo di cancro e soffriva come un cane passavo di fronte alla oncoematologia pediatrica…e pensavo, pensavo e pensavo, poi un sospiro mi dava la voglia di andare da lui e dargli tutto l’amore, la cura l’energia positiva che potevo, come se un po’ fosse diretta anche a quei piccoli.
    Questo post è importante, davvero. Ciao, Silvia

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