Bologna. Cos’è diventata?

Prendevo il caffè con il mio vicino, l’altro giorno, che mi ha regalato questi splendidi cartellini per metterci dentro il nostro nome nel campanello e ci siamo messi a parlare di Bologna, di come è cambiata, di com’è, di dove vuole andare. E parlare con lui è stata come un’illuminazione perché fino a prima pensavo che Bologna fosse immobile. Perché non è più una città accogliente, non è più una città giovane, perché ci sono tante microrealtà ma sono piccole, non si fa nulla per farle emergere. Perché non ci sono mostre che attirino persone ma solo dei gran graffiti da ripulire, che ormai – finita l’emergenza extracomunitari, sui giornali siamo passati all’emergenza graffiti.

E poi c’è il Civis e poi c’è il Cinzia gate e il fratello di Errani e la Maremma maiala.

Insomma, porca paletta, che tristezza che è diventata Bologna.  Mi ricordo tempi in cui uscivi alla sera, anche in pieno agosto e c’erano un sacco di cose belle da fare, soprattutto se eri giovane. Ora c’è solo il cinema in piazza che finisce a metà luglio e poi, se non sei un po’ introdotto in qualche realtà, ecco ti sembra di non avere altre opportunità. Ci sono tanti anziani a Bologna, che controllano i cortili condominiali, che polemizzano con tutto ciò che non conoscono. Ci sono tanti anziani a cui non piace il rumore di via del Pratello e per cui i giovinastri sono solo un inutile fastidio.

Insomma. La nostra Bologna. Che è una città che amo, che adoro, che mi ha visto triste, disperata, allegra, felice, malata, guarita, innamorata. Bologna con i suoi colli che la giri tutta intorno e guardi il tramonto sulle torri e sembra il mare. Un mare di rosso, quello del sole e quello dei palazzi, tutto confuso. Bologna con i parchi, con le vie piccole del centro, con l’odore di glicine e quello di castagno e le foglie spazzate via dall’autunno.

Ma forse non è vero che è immobile. Bologna forse ha solo scelto. Ha scelto di diventare una città vecchia e provinciale. Immobile. Poco accogliente. Una città come tante. Di quelle che piacciono al Calderolo, che ha il coraggio di dire una cosa che noi altri sentimentali facciamo fatica ad ammettere, ovvero che in questa città ormai pulsa un cuore leghista.

Ies.

E’ una città a misura di vecchi Bologna. Ormai. Altro che parigi in minore. Altro che osterie fuori porta.

L’accoglienza costa,  la tolleranza è impegnativa e una città com’era Bologna è solo un FASTIDIO.

6 commenti
  1. Mammamsterdam dice:

    Purtroppo coincide con quanto raccontano Benni, Muran e altri bolognesi che hanno sempre fatto tanto per rendere viva la città. E uso sempre Bologna per spiegare L’Aquila, che era l’esatto contrario (mi riferisco al centro storico, a come era usato, vivo e vissuto). Ma qui il discorso si fa lungo e tu lo sai già da te dove arriva.

  2. casamammolo dice:

    sono arrivata a bologna sette anni fa cercando parigi minore e mi sono resa conto che questa esisteva solo nelle parole dei tanti che l’hanno raccontata e che ognuno (di qualsiasi generazione) diceva che “prima” bologna era meglio (ah la bologna degli anni ’90, quella del settantasette poi, vero e proprio mito fondante).
    Per un po’ ci sono stata male, chissà com’era meglio prima, che sfiga avere diciannoveanni nel 2003. Poi mi sono rotta i maroni e ho cercato di costruire qualcosa, come se fosse una città come le altre e non “bologna”, che non è che bisogna sedersi sopra al glorioso passato sperando che non passi.
    E poi va bene che l’offerta culturale è ridotta ma io ho sempre il metro di paragone di una grossa provincia della lombardia nel cui capoluogo le cose vanno infinitamente peggio.
    E’ vero che c’è intolleranza e un senso diffuso di disaffezione alla cosa pubblica. Una decina di anni fa si investiva di più in cultura: ho rivisto di recente il video di I-TIGI di paolini in santo stefano ed è da brivido in termini di impatto. Però io quest’anno ho visto -sempre gratis- fuori dal museo per la memoria di ustica baliani, motus, emma dante e altri. e non mi sembra che il confronto sia in tutto negativo. certo lo spettacolo di paolini -lo prendo come esempio- era commissionato apposta per la ricorrenza, adesso i soldi per fare una cosa del genere non ci sono più e lo vedo, infatti non intendo tessere le lodi della bologna presente, solo decostruire un pochino il mito della bologna “di prima”.
    detto questo a ottobre me ne vado perchè quello che voglio fare è a torino e non a bologna e anche se sono convinta che sia giusto andare e che tornerò, l’idea di lasciare questa città fa malissimo.

    (ho riletto il commento è un po’ sconclusionato, se qualche passaggio è poco chiaro mi scuso)
    c.

  3. panz dice:

    @casamammolo: il tuo commento ci sta tutto e hai senz’altro ragione quando dici che comunque di cose da fare ci sono, quello che preme a me è sottolineare che sono tante, microdiffuse ma di scarso impatto e scarsamente fruibili dal grande pubblico. E comunque, ti posso assicurare che rispetto a 15 anni fa è molto diverso. Per me l’offerta è anche serate in cui andare a prendersi una birra con gli amici al parco, ascoltando buona musica: tutte cose che un tempo erano possibili perché d’estate i parchi si trasformavano in salotti cittadini e anche le persone con le pezze al culo come me potevano prendersi una birra, ascoltare un concerto e socializzare con gli amici.
    Tu hai citato Torino che è una città dove anche io ho vissuto e secondo me è un ottimo esempio di come invece il processo sia stato fatto a fattori invertiti: torino era una città percepita come granitica che ha saputo cambiarsi, riproporsi e ora ha una grande e varia offerta culturale, dalle mostre agli eventi di piazza.
    Il cambiamento però non è stato da un giorno all’altro ma ha le sue radici in un tempo molto più antico di quello che pensiamo: la popolazione ha cominciato a invecchiare, lo scollamento tra bologna bolognese e bologna universitaria è diventato sempre più evidente e gli amministratori pubblici hanno fatto scelte precise per spendere meno, per invertire la rotta.

    ci avete mai pensato cosa significa, in termini sociali, accogliere?
    avere centri di accoglienza per i barboni, ad esempio, che funzionano, significa che arriveranno molti più barboni, con spese economiche e sociali da sostenere.

    bologna ha preferito tornare nelle retrovie sul piano sociale ed è in atto e sul piano culturale sembra in atto un preciso progetto per il livellamento, per evitare di farsi protagonisti di eventi di rilievo nazionale.

    forse mi sbaglio, ma da cittadina che vive in questa città e l’ha vissuta in molti modi, mi sembra che si vada in questa direzione.

    detto questo: bologna è ancora una città molto vivibile e molto più variegata di molte altre, ma il processo a diventare una delle tante del nord italia è avviato.

    noi possiamo e dovremmo fare qualcosa per evitare che si compia. bisogna unirsi come associazioni, fare proposte, ecc. un po’ come è il progetto tag bologna, che mi sembra sia un ottimo modo per capire in che direzione muoversi http://www.tagbolab.it/

  4. sonia dice:

    Io a Bologna ci sono stata benissimo da studentessa, quando un po’ egoisticamente pensi solo al presente e vedi il futuro come lontano e tutto da costruire. Ricordo via Zamboni piena di gente, i Giardini Margherita affollati sempre a tutte le ore l’estate, il Pratello, il Baraccano e il Millenium tutti i giovedì. Era una vita di amici, uscite e di una città viva e bella, colorata direi.
    Poi ci ho lavorato, quasi due anni. E probabilmente cambiano le priorità, cambiano le richieste che fai ad una città, ma cambi soprattutto tu. E in quel momento è cambiata anche Bolgona per me, e tanto.
    E così me ne sono andata e se da una parte ho rimpianto e ricordo con affetto gli anni da studentessa, poco mi manca di quegli anni da lavoratrice.
    E ci sono tornata anche qualche mese fa, una sera. E sono rimasta amareggiata dal vuoto, dal silenzio e dal senso di abbandono. E allora sono andata a cena con gli amici di sempre a ricordare le ricreare in una cucina a Bologna di prima, che ai miei occhi non c’è più.

  5. Anna dice:

    Secondo me è proprio cambiata la società in generale e con essa anche Bologna. Mi spiego.
    Il fatto che si siano allungate le aspettative di vita e che ci sia, rispetto al passato, molta più popolazione anziana fa sì che:
    1. le attività proposte si concentrino maggiormente su questa fascia d’età, che generalmente ha già il suo circolo, cortile, bar e difficilmente va oltre, quindi perchè proporre altro?
    2. in generale sia molto più presente adesso, rispetto a chessò 30 anni fa, un conservatorismo e un campanilismo tale per cui ci si incazza per il cortile, per gli schiamazzi sotto casa, per tutto ciò che produce rumore dopo le 10 di sera.

    Dico così perchè mi pare che questa sia la tendenza che emerge un po’ in tutte le città italiane, Bologna inclusa. Poi io ci sono stata a Bologna due anni, anche se in realtà era la Bolognina e lì è un altro paio di maniche.

  6. Elena dice:

    Io a Bologna ci sono stata qualche anno fa quando ero ancora una studentessa universitaria e per molti aspetti mi aveva ricordato molto Padova, per il fatto di trovare gente di tutti i tipi, per le possibilità che offriva agli studenti e per il senso di amicizia che respiravi per le vie della città.. cose che io (che vivo in provincia della “roccaforte” leghista per eccellenza, Treviso), avevo provato solo a Padova! quando hai detto che Bologna è diventata una città per vecchi mi è subito venuta in mente la realtà che si vive da queste parti, dove piccole beghe rovinano le giornate e dove nello stesso (piccolo) condominio non conosci nessuno e tutto è spersonalizzato! per carità, le nostre città sono abbastanza pulite e ordinate, ma poi accendi la televisione e senti le varie sparate razziste di Gentilini (e non parliamo degli episodi di violenza a Verona)… io da insegnante come posso parlare di integrazione con i bambini se poi il clima che si vive da queste parti è questo? scusa per il fuori tema ma volevo condividere questa riflessione

I commenti sono chiusi.