Lavoro, precariato, consapevolezza

Lavoro, contratti flessibili, co co pro, libera professione, tempo determinato, part time, full time, tempo indeterminato, posto fisso, posto flessibile, precario, atipico, pensione.

Da qualche tempo mi interrogo. La vicenda di Paola Caruso, il clamore empatico che ha suscitato in rete, ma anche le tante polemiche e schieramenti, mi hanno reso ancora più attenta ai fenomeni legati al lavoro e in particolare al precariato.

Mi interrogo sia perché mi riguarda come professionista,  ma anche su piano generale, sulle difficoltà della mia generazione, sulle mie difficoltà in primis.

Pur essendo una persona di cultura media, pur avendo vissuto varie e diversificate situazioni professionali, ancora mi ritrovo ad avere tantissimi dubbi e vuoti sui contratti che firmo, sulla mia busta paga, sui vantaggi, sugli svantaggi, sui doveri e sui diritti.

Non credo di essere l’unica.

Tante volte, noi altri che siamo cresciuti a pane e precariato, anzi no, che siamo cresciuti a pane e lavoro fisso in un mondo che stava cambiando e ci siamo ritrovati a macinare precariato, non abbiamo badato tanto alle sottigliezze e pur di averlo, pur di tenercelo stretto un lavoro, ci siamo adeguati.

Che sia avere un contratto precario e essere trattati come dipendenti, che sia venire costretti ad aprirsi una partita iva per facilitare il mercato di altri (quando si potrebbe gestire tutto con contratti di collaborazione), che sia – più banalmente – capire quali sono i propri doveri contrattuali.

Io penso di essere molto ignorante a riguardo. Penso anche di non aver mai mosso finora le giuste istanze o di averlo fatto solo in momenti di rottura.

Non va bene.

Penso che sia importante imparare a muovermi in questa selva.

Penso che sia importante anche parlarne. Che diciamoci la verità, noi come generazione, non ci rendiamo ben conto che la questione lavoro ci riguarda tutti insieme. Che se io accetto di lavorare sottopagata o mi comporto da dipendente pur con un contratto flessibile, anche Maria – nelle mia situazione, nello stesso contesto – dovrà farlo, perché io sto abbassando il valore del lavoro di tutti.

Per tutte queste ragioni, per il fatto che anche grazie a donne pensanti e alla consulenza on line che abbiamo attivato, e perché uno a 37 anni comincia anche a guardare alla vecchiaia e insieme guarda più lucidamente all’oggi, mi ha colpito molto questo blog:

http://lavorandooquasi.splinder.com

Un modo per riflettere, raccontarsi, raccontare e sviluppare una consapevolezza condivisa – come generazione di 40/30/20 enni – sul mondo del lavoro, sulla selva del lavoro e sui possibili modi di reagire, contribuire, fare, migliorare.

La tematica è molto seria ma l’autrice – a cui ho fatto una piccola intervista dopo aver scoperto il blog – vuole affrontarla in modo propositivo, ironico.

E’ fondamentalmente una raccolta narrativa di storie.

Belle, brutte, insulse, creative.

Mi sembra un’idea carina.

E di questi tempi ne abbiamo gran bisogno di idee così, secondo me.

Per raccontarle la vostra storia scrivete a scriviamodinoi@libero.it


4 commenti
  1. wising dice:

    Ciao Panz,
    ho cercato molto on line qualcosa che potesse essere utile per meglio capire contratti, buste paga, diritti e doveri… è una selva, sembra non esista un manuale omnicomprensivo o anche solo comprensibile, anche per me che lavoro in un settore che di lavoro tratta. Tant’è.
    Penso al mio amico Stefano che a 47 anni si trova disoccupato, pur essendo laureato in ingegneria e con una carriera alle spalle; penso alla mia amica daniela, anche lei 47, che ha ribaltato i ruoli: lei lavora e il suo compagno fa il casalingo, perchè un altro lavoro non riesce a trovarlo. Sono tempi di passaggio, in cui dobbiamo essere creativi e pazienti, il che non sempre viene bene, anche per incompatibilità. E smetterla, come suggerisci tu, di pensare al singolare,perchè così la concorrenza è enorme e non ci sarà mai un mercato corretto.
    Buona settimana
    Wising

  2. daniela p. dice:

    grazie dell’articolo fra!

    purtroppo ormai ci siamo così abituati a questo stato di cose che non sappiamo più come uscirne. dai discorsi che mi capita di ascoltare qua e là non sento ragionamenti che vogliano andare a parare da qualche parte: è solo un eterno punto interrogativo. e molto di questa situazione è dovuto anche alla nostra ignoranza e alla nostra paura di perdere questo straccio di lavoretto: siamo tutti consapevoli di avere dei diritti, tutti sappiamo che la cosiddetta “flessibilità” significa (anche) il non obbligo di orari (per i contratti a progetto), ma tutti abbiamo paura di far vedere che non siamo pedine.

    siamo un paesino triste, ma almeno unendo le nostre esperienze sarà ancora possibile far alzare un grido civico e civile…almeno spero!!

  3. Laura dice:

    ciao fra, sono la laura, co-vincitrice del tuo blog-candy 🙂
    un po’ di tempo fa (parecchio, a dir la verità) ho iniziato a raccontare su blog le mie peripezie da ricerca da impiego; il blog ha avuto vita breve perché qualche tempo dopo ho trovato un insperato lavoro a tempo ind, sebbene sottopagato e con un verbale accordo maternità, ma che comunque mi ha insegnato un mestiere che non conoscevo, l’amministrazione delle risorse umane.
    ad ogni modo se hai voglia di leggere un po’ del mio viaggio tra flessibilità e contratti assurdi, trovi tutto qui:
    http://girandolaprecaria.splinder.com/
    (l’indirizzo mail non è più attivo però)
    (ho scritto anche a daniela, e scriverò qualcosina per il suo blog).

  4. veronica dice:

    Scusate, non è proprio un commento sulla palude lavorativa ma sul dopo. L’altro giorno io e il mio compagno, oltre alla preoccupazione per la crisi attuale, discutevamo della nostra futura vecchiaia, della pensione ridicola che avremo tutti noi, cioè circa il 30 -40% dell’attuale retribuzione e quindi sulla necessità di informarsi e fare subito una pensione integrativa, pensiero che ci frulla in testa da un sacco di tempo e che scappa sempre via per la mancanza di tempo. Ho passato una notte agitatissima chiedendomi come faremo a vivere da anziani con 600 euro in due e con il mutuo che probabilmente estingueranno i nostri nipoti. Si parla troppo poco di questo, probabilmente perchè non c’è ancora stato il primo girone dei nuovi pensionati sfigati ma quando toccheremo con mano la realtà ci sarà la rivoluzione. E i pianisti del parlamento dopo 2 anni e mezzo vanno in pensione. Questa non è civiltà.

I commenti sono chiusi.