L’Umanista informatico, l’identità digitale e la neve

Una bancarella del mercatino di Natale a Trento

Ieri è stata una giornata lunga, faticosa, ma molto interessante da tanti punti di vista. Sono stata a Trento dove l’Università aveva organizzato una giornata di orientamento alle professioni per i laureati/laureandi in Scienze Umanistiche.  Mi avevano chiesto di tenere una relazione di 1 ora e 30 per parlare della mia esperienza professionale e raccontare il mio percorso.

Ho preparato delle slides e pensato che la cosa più efficace fosse parlare, in maniera schietta, diretta, costruendo un percorso generale, di quello che – secondo me – deve essere il background culturale di un Umanista che vuole lavorare con il web.

Non ho potuto prescindere dalla figura dell’Umanista Informatico ma ho voluto puntare il focus sull’importanza dell’identità digitale inserita in una rete di relazioni, in una tessitura di trame e di reciprocità che permette la circolazione delle idee e delle competenze.

Penso che la credibilità professionale si conquisti sul campo, con l’esperienza quotidiana, con quello di originale che ciascuno mette in Rete, condivide, regala, impara.

La ricetta non ha dosi esatte, ognuno deve trovare il q.b. giusto, applicando i propri sensi, il proprio intuito e spirito critico.

La cosa bella del web è che ognuno può essere ORIGINALMENTE il se stesso digitale che ha scelto: più o meno vicino al se stesso reale che è.

Gli ingredienti sono per ciascuna ricetta univoci e unici, gli strumenti impiegati devono essere: correttezza, capacità di dialogo e di messa in discussione, trasparenza e condivisione.

Mentre preparavo le slides ero un po’ in ansia: non ho mai fatto lezione a universitari e temevo di essere inadeguata perché è un mondo con dinamiche specifiche.

Poi ho riflettuto su quello che avrei voluto, io,  come giovane laureata in Lettere (che sono stata 10 anni fa) da una giornata di questo tipo, in un periodo della vita in cui sei molto confuso su quello che vuoi fare e ho pensato che mi sarebbe piaciuto sapere – concretamente – quali sono le vie praticabili per raggiungere un determinato obiettivo o avvicinarcisi. Così ho deciso di fidarmi delle mie capacità retoriche, seppur inadeguate.

Ho scelto di parlare anche di ASPETTATIVE, del fatto che non si diventa ricchi a lavorare con bit e parole, che bisogna lavorare tanto ma se lo fai con passione è davvero bello.

Ho parlato di gavetta, bagni di umiltà (io ne ho dovuti fare parecchi in questi anni e alla fine della fiera sono stati tutti molto utili) e partite iva (fasulle e non).

Alla fine la mia ora e mezza, che temevo di riempire di vuoti, è volata e siamo riusciti anche ad aprire un dibattito. Sono stata contenta della mia scelta sia per i riscontri da parte di chi è venuto ad ascoltarmi (e se qualcuno di loro sta leggendo lo ringrazio davvero di cuore per la fiducia accordatami!) sia perché nel pomeriggio sono stata ad un’altra conferenza (di un giornalista abbastanza noto, vicino ai 60 anni) e per un’ora il relatore ha parlato di se’, dei tempi in cui conobbe Contini, Segre, la Corti e molti altri nomi che per noi Umanisti sono come il Paradiso del sapere e del suo percorso, negli anni 70/80.

Mi ha irritata. Perché ho pensato a quanto il mondo sia cambiato, a quanto quello che raccontasse potesse servire ai giovani che erano lì ad ascoltarlo, figli del precariato, di un giornalismo sostanzialmente molto diverso e di un Mercato del lavoro asfittico (lui a 25 anni era già in un’importante redazione!) e mi sono sentita immersa nel suo giochino autoreferenziale e bon.

Aspettative. Molti dei presenti sono forse usciti entusiasti, con negli occhi e nel cuore la speranza di fare grandi cose. Quanti di loro le realizzeranno nei modi che erano quelli giusti per gli anni ’70?

Il progetto H factor mi è sembrato davvero un’ottima idea:  speriamo che da parte dei relatori si sia limitata la voglia di far esondare il proprio ego (tentazione fortissima quando ti invitano a eventi del genere!) a favore di un dialogo aperto con le generazioni di laureati oggi.

A Trento ieri nevicava. Veniva giù che era una meraviglia. Ho scoperto che una delle mie scarpe ha un buco. Ciò non mi ha impedito, prima della relazione, di incontrarmi con Sonia e Stefania, di concedermi un giro – e una scivolata, evitata, sulla neve – ai mercatini di Natale e di prendere un regalino per la famiglia Panzallaria. Ovviamente ho scelto quello che ci rappresenta meglio:

1 commento
  1. Iacopo dice:

    Complimenti per la conferenza e per gli spunti interessanti!
    Tra gli incontri della giornata, il tuo è stato sicuramente il più stimolante (soprattutto per noi filosofi informatici).
    Grazie ancora

    Iacopo

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