Di acqua e plutonio: ovvero andare a nuoto in contemporanea a mia figlia

Da qualche mese frequento un corso di nuoto. In contemporanea a Frollina. Chiunque abbia mai accompagnato dei bambini al corso di nuoto lo sa, l’esperienza dello spogliatoio, pigiati con un altro milione di cinni e relativi parenti, è estenuante. Peggio di una prova di decathlon.

La prima volta – che sono stata a bordo vasca a guardare la prole snadrazzare – sono arrivata a casa talmente sudata, stanca, infastidita dalla foresta amazzonica che si era generata per gemmazione sotto le mie ascelle, che ho pensato lucidamente che fosse molto meglio che entrassi in acqua anche io, contemporaneamente a Frollina.

E così è iniziata l’avventura.

Dopo 15 anni di nuoto agonistico, un brevetto da istruttore e uno da bagnina e 20 anni di assenza dalle piscine, sono tornata a casa. Mi sono rimessa in pista e in gioco.

Io e i miei ennemila chili di troppo.

Non ho detto subito che sono una ex nuotatrice al maestro. E’ un ragazzino di 20 anni, nato probabilmente quando io ho smesso di allenarmi. Non volevo fare una figura peggiore di quello che avrei potuto. Alla seconda lezione se ne è accorto da solo. Ha cominciato a farmi una serie di complimenti in linguaggio natatorio (che gioia risentire un certo tipo di discorsi, un certo modo di essere burberi e non) che – diciamoci la verità – mi hanno davvero fatto molto piacere. Anche perché sono molto fuori allenamento e mi rendo conto da sola di quel che ero e di quel che sono. Per anni non ho voluto più mettere piede a bordo vasca, proprio per l’angoscia di ritrovarmi in inutili e crudeli confronti. Alla veneranda età di 37 anni mi ritrovo serenamente a capire che – appunto – sono inutili e crudeli quei confronti. Meglio non farli.

Via via che le lezioni e i mesi sono passati, il mio maestro/allenatore ha cominciato a darmi allenamenti differenziati dal resto dei compagni di corso. Alterna allenamenti da fondista a quelli da velocista e sta cercando di potenziare le mie braccia che sono sempre state due stracchini. D’altronde io facevo nuoto pinnato, le braccia servivano solo da ornamento.

Dice che ho due cosce potentissime. Una volta, alla fine dell’allenamento, per farmi un complimento mi ha detto che dovrei andare in un’altra piscina, ad allenarmi “con i maschi”.

Poi sostiene che potrebbe spremermi come un limone e farmi tornare a fare le gare (con gli ex atleti vecchietti come me) nel giro di 6 mesi.

Io tutte le volte arrivo in piscina che sono distrutta. Distrutta dal lavoro, dalla gestione di 4 cose contemporaneamente, da tutti gli impegni che ho. Tutte le volte, prima di entrare in acqua, dico alla mia amica (la mamma di Ciccio) che nuota con me, che sto giro vado più calma, che glielo dico che ho la tosse, che glielo dico che ci ho la sindrome premestruale ed è meglio lasciar perdere e così via.

Tutte le volte, poi, mi sparo allenamenti da paura. E me lo dico da sola. Quando sono in acqua si compie una magia. Tiro fuori la Panzallaria adolescente e nuotatrice, entro in fotta da competizione con la sottoscritta e cerco costantemente di abbattere qualche limite. Sento i miei polmoni come due potenti motorini, sento le gambe che resuscitano. Sento il mio corpo.

Quello che per troppo tempo ho tenuto in naftalina.

Per me nuotare è una mano santa. Mentre nuoto ritrovo un equilibrio ancestrale con il mondo. L’acqua della piscina è più rinvigorente di qualsiasi droga. Le mie gambe in lattacido mi fanno sentire la gioia di essere viva.

Però i miei compagni di corsia mi odiano. Me ne accorgo dagli sguardi. Mi guardano come alla secchiona rompicoglioni della classe, quella che poi fa fare più fatica a tutti. I primi tempi il maestro, per far fare a me un allenamento sopra le righe, costringeva anche loro a fare più vasche, ora per fortuna non è più così, ma tutte le volte che ne incrocio uno, durante l’allenamento, mi guarda con una faccia tra il disprezzo e la paura che mi mette in soggezione: mi viene sempre da giustificarmi.

Ieri sera una ragazza, uscite dalla vasca, mi ha guardata seria e mi ha chiesto dove tengo lo sportellino in cui infilo il plutonio.

E io giù a giustificarmi, a darmi della cicciona, a dire che un tempo mi allenavo 3 ore al giorno, porcaloca, almeno un po’ di forza nelle gambe deve pur essermi rimasta!

Il momento più faticoso non è comunque quando sto nuotando ma quando – in piena visione dell’arcangelo Gabriele da sforzo – vado a prelevare Frollina, che finisce in contemporanea e tutti insieme, mamme e bambini, ci facciamo largo per aggiudicarci una salubre doccia.

E’ tutto uno spingi-spingi e ho freddo-freddo e ventate di fumi umidi di caldo rendono ancora più impervia la strada alle docce.

Le mamme che sono state in tribuna sono nervose come gatti stizziti, i loro figli sgusciano in ogni dove, bisogna fare lo slalom tra il tiro alla fune dell’accapatoio e il lancio dello shampoo.

Ma non è nemmeno questo il momento più faticoso. La fatica vera arriva quando si entra negli spogliatoi. Ci accorgiamo che sulle panche non c’è posto nemmeno a pagarlo, perché la maggioranza dei genitori lascia i borsoni appoggiati anche quando è via e tu ti ritrovi a dover rivestire te stesso e la prole in doppio salto carpiato, su un piede solo, facendo attenzione ai leggendari “funghi” della piscina.

Quelli per cui generazioni e generazioni di madri si tramandano – come un mantra – il “non mettere i piedi in terra che prendi i FUNGHI!” che si può udire in qualsiasi piscina del mondo.

Che poi, come dice frollina, funghetti in giro per la vasca non se ne vedono, perché se li dovrebbe prendere?

Dopo esserci vestite (io passo la maggior parte del tempo a sgocciolare come fossi pesce sul banco del Mercato), si passa all’asciugatura dei capelli. A quel punto, di solito, io sono già alla frutta. Il mio cervello è già in coma vegetativo e non riesce a elaborare più alcun pensiero complesso.

Per fortuna siamo in un gruppetto di amiche e ci sosteniamo a vicenda, grandi e piccoli.

Per fortuna al termine di queste due ore di nuotagirafrulla ci aspetta la “mitica” merenda della piscina. I bambini sguazzano allegri tra biscotti e wafer e noi possiamo porre rimedio all’horror vacui che abbiamo negli occhi stanchi.

Arrivo a casa che mi sento più simile allo squacquerone che a un essere umano. Frollina invece – come tutti i piccoli cyborg – si è ripresa alla grande e pensa già a come fare per inventarsi nuovi giochi e tardare il più possibile l’ora della nanna.

Però sono felice.

Nuotare mi rende felice e così ho deciso che le parole chiave di quest’anno, per la sottoscritta saranno le seguenti:

#pazienza  #leggerezza.

Il verbo sarà #nuotare (in senso letterale e metaforico).

Segnalazione di oggi

La segnalazione di oggi è un bellissimo racconto scritto da un amico: La vecchia e la volpe

8 commenti
  1. sonia dice:

    Io provavo queste sensazioni quando andavo a correre. Quell’idea di non pensare mentre correvo e di focalizzarmi sulle gambe che finalmente si muovevano, sui polmoni che finalmente si riempivano e sul mio corpo che solitamente è solo un mezzo per. Dico sempre che ricomincio a farlo e chissà che non succeda. Certo qui non è stagione, ma solo pensarci un po’ fa bene.
    – e a me manca tutta la parte spogliatoio, cambio bambini ecc!!! –

  2. rocciajubba dice:

    Nuotare è meraviglioso.
    I corsi da noi hanno orari improponibili con quelli della famiglia e soprattutto con una figlia che non ne vuole sapere di entrare in piscina. “Io ci vado in ettate per mangiare il gelato!”.
    Però cavolo se mi manca!

  3. deborah dice:

    Ti capisco,non ho mai fatto agonismo, ma qualche garetta, in mare…me ne ricordo una a Caorle in cui, dopo una partenza fiacca mi pareva di volare. All’arrivo, ne avrei avuto ancora e ancora!
    Ora, fuori allenamento, quando mi butto in vasca, faccio senz’altro più fatica, ma l’acqua rimane per me quello che è la meditazione per gli sciamani. Bello, Panz!

  4. Chiara dice:

    Tornata ora ora da piscina con Zoe, sottoscrivo ogni parola, in particolare lo sfinimento da doccia/phon/rivestimento di una comunità che si moltiplica peggio dei puffi.
    Aggiungerei che la sensazione di beatitudine data dal nuoto è schiantata invariabilmente dall’affollamento, nel mio caso, anche dell’unica corsia dedicata al nuoto libero. Mi sembra di nuotare nella vasca dei pirania dopo che è stato buttato un pezzo di carne: tutto un ribollire che non ti dico. Rischio un occhio a ogni bracciata.
    Ma vuoi mettere: ho un sedere e due spalle che levati!

  5. monica ranieri dice:

    Condivido molto di quello che hai detto anche perchè da 2 anni io ne ho 2 in contemporanea (4 e 7) da rivestire in quella foresta amazzonica, senza spazio e con phone ululanti e sebbene io ami l’elemento fluido, e sicuramente sarebbe più proficuo passare i 50 minuti che il gatto&lavolpe stanno in acqua a sguazzare anche io lo devo ammettere, detesto la piscina, non sopporto l’acqua clorata che mi entra nel naso, non so nuotare sott’acqua ad occhi aperti e nella mia non lontanissima adolescenza non sopportavo il mio istruttore che mi faceva sentire una schiappa perchè non riuscivo a nuotare dritta e perchè ero lenta come una balena arenata. Sarà per questo che alla fine preferisco stare a bordo vasca, magari con un libro ad aspettare che il gatto&lavolpe escano ;o)

  6. gio dice:

    il nuoto fa sempre bene..rigenera davvero…(io purtroppo sto lontana da una piscina e la sera per colpa del lavoro finisco troppo tardi per avere la forza di frequentarne una)

  7. Arianna dice:

    Chissà quando potrò riprendere anche io 🙁 mi manca.
    Ho nuotato fino al sesto mese circa di gravidanza (gemellare) poi a letto fino alla fine e ora con i pandini di 2 anni ancora non ho ripreso! Spero prima o poi di tornare in piscina….prima o poi…prima o poi….

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