Il giorno in cui è finito Internet: il riciclo di una Social Jobber

Se lo ricordano in molti quel giorno, il giorno in cui è finito l’Internet.

Si sono spenti tutti i Server del mondo, senza che nessuno sappia ancora bene il motivo. Chi era su Facebook ha visto per un po’ la rotellina dell’aggiornamento girare, ha provato a ricaricare la pagina – pensando a uno stop momentaneo – e il profilo costruito con fatica e sudore, a suon di “mi piace” e commenti sagaci è scomparso.

Per sempre.

Chi si era comprato followers su Twitter si è trovato, d’un tratto, senza alcun buon investimento: molto meglio lasciare quei soldi sul libretto postale del nonno. Beppe Grillo è dovuto tornare a fare il comico e ora gestisce un locale di classe, il “Five Stars” a Lavagna, sulle Cinque Terre.

Io mi sono ritrovata così. Senza un lavoro, senza molte delle cose che ho costruito nell’ultimo decennio.

Quando ci siamo resi conto che la fine dell’internet non era una cosa temporanea e che nessun governo era disponibile a fare qualcosa di efficace per capire cosa fosse successo (qualcuno anzi sembrava quasi sollevato dalla cosa), in famiglia abbiamo capito che dovevamo INVENTARCI un nuovo lavoro.

La domanda che ha cominciato a ronzarmi in testa è stata: “E ora IO cosa faccio?”. Mark ZUCCHEmberg si è impiccato al Palo Alto con il cavo di un modem 64k  e la notizia – ricordo – fece molta impressione.

I due di Google invece hanno deciso di scommettere sulle loro abilità e ora partecipano a TUTTI i quiz televisivi in giro per il mondo e riescono a rispondere entro pochi secondi a quasi tutte le domande del presentatore. Sono impressionanti. Non è tanto per la precisione delle risposte che vengono chiamati ovunque e pagati profumatamente, quanto per la velocità con cui le danno e per quei buffi look che indossano: metti che muore il Papa si vestono da Gesù in croce e se è la Festa dei Nonni si presentano in Studio con la zanetta (leggi: bastone) dei vecchi.

Io ovviamente ho dovuto fare il funerale al mio alter ego digitale, Panzallaria.

Abbiamo comprato una bara extralarge in mogano rosso. Volevo qualcosa di semplice ma al contempo raffinato. Ci abbiamo infilato dentro l’avatar e una montagna di commenti e flame da fare paura. Ho pianto molto quando il prete ha dato la sua benedizione, anche perché sia io che Panzallaria siamo anticlericali e non ho mai capito chi lo avesse chiamato.

Dopo il funerale, ancora con l’abito buono, mi sono messa a vagare per la città, alla ricerca di un lavoro.

Ovviamente evito accuratamente l’ora del coprifuoco, quella in cui i Social Zombie escono di casa, alla ricerca di qualcuno da far diventare “amico”. Se accetti ti coinvolgono in una mega rissa (real flame) e si cibano di tutto quello che hai di tecnologico in tasca. Non contenti di questo strazio, coinvolgono anche i loro amici Troll e spesso non riesci a fare più ritorno a casa.

Dicevo del lavoro. Mi sono messa a pensare a cosa avrei potuto fare, io che ero una blogger e una Digital P.R. “Devo stare in mezzo alla gente!” mi sono detta e seguendo il consiglio della Ministra Fornero, ho deciso di non essere troppo choosy e di provare con qualche lavoro umile, per sfiancarmi nell’attesa di trovarne uno migliore, che qui teniamo famiglia e mica posso aspettare qualcosa che mi piaccia eh?

Sono entrata in un ristorante, cercavano un cameriere: ho pensato che io quel che so fare è imbonire la gente, parlare, raccontare, socializzare. Cosa c’è di meglio di un ristorante? Ho parlato con il titolare. Gli ho spiegato che conosco benissimo la Netiquette e che sono abituata alla gestione multitasking. Mi ha detto “Prova” e ho infilato il grembiule. Purtroppo ho avuto sfortuna: per terra avevano appena passato lo straccio e così sono scivolata e l’involtino che tenevo nel piatto è schizzato come un tuffatore professionista, andandosi a infilare nella scollatura di una cliente.

Il titolare aveva un diavolo per capello. Ho provato a giustificarmi. Mi sono sentita molto umiliata. Ho anche usato l’arma del “Lei non sa chi sono io”. “Lei non ha idea” ho detto ” con chi ha a che fare! Ho una reputazione online davvero affermata io, se ci fosse ancora Internet non si sognerebbe nemmeno di trattare così una che ha un klout di sett…”. Il Crumiro non mi ha nemmeno lasciato finire: “Non voglio nemmeno saperlo cosa faresti al tuo CLOU, ho già visto abbastanza oggi che è il primo giorno. Tu sei fuori!”.

Me ne sono andata scoraggiata, pensando che forse dovevo seguire le orme di Mark e impiccarmi anche io, magari con uno dei tanti adattatori Apple che ormai mi servivano davvero a poco.

Invece, dopo tanto errare, è successo il MIRACOLO.

Una delle aziende di cui seguivo i profili social mi ha contattata. Cercavano una portinaia. Dice che come riciclo professionale, per i Digital P.R va per la maggiore. Dice che si può socializzare alla grande.

E infatti è un lavoro che mi piace moltissimo. Se sento la mancanza di Facebook, mi produco in conversazioni assolutamente inutili con le impiegate del II piano. Si parla del tempo, dei figli, ammicco e apprezzo il loro abbigliamento. Ho molti amici, non c’è che dire.

Quando mi tira che voglio sembrare intellettuale e sento molto la mancanza di Twitter, allora leggo a voce alta i titoli dei giornali associandoli a brevi parole chiave e commenti di approvazione. Più di uno, passando di lì, mi ha chiesto ulteriori informazioni, che voleva capire, ma non ho saputo rispondere, avevo “finito i caratteri” e questo idiota non se ne capacitava! Qualcuno l’ho dovuto perfino defolloware, stava diventando molesto e io volevo continuare a cinguettare in santa pace.

Sono abbastanza felice.

Senza l’Internet non si sta poi così male.

Una specie da tempo estinta come i venditori porta a porta di enciclopedie hanno fatto la loro ricomparsa: li vedi spesso litigare con un Testimone di Geova, davanti ai citofoni, per chi può esercitare lo Ius Primae Noctis su questo o quel campanello.

Le giornate sono meno convulse, siamo tornati padroni del nostro tempo. Io per esempio stasera, invece di stare al computer, ho invitato tutti i miei amici a casa per mostrare  loro le DIAPO del nostro ultimo viaggio alla STITICON VALLEY.

Sono molto emozionata. Ho preparato anche delle manine di cartone e chiederò a tutti di fare pollice verso se gli piacciono le foto. Qualcuno potrà commentare direttamente sotto l’album se vorrà. Sono sicura che sarà una serata bellissima.

Anche senza l’Internet posso ancora essere una donna felice.

[questo raccontino è nato come ispirazione da un aperitivo con le amiche geek Linda e Cecilia che anche se finisce l’Internet, loro si che hanno modo di riciclarsi bene! ]

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13 commenti
  1. Cecilia dice:

    hehe… alla fine altro che portinaia, le sigle dei cartoni animati tutta la vita!!!!!
    Sei la numero uno Francy!!!
    Ceci

  2. Quandofuoripiove dice:

    sono indecisa fra “geniale” e “magistrale” e penso che Ridley Scott ti comprerebbe pure la sceneggiatura, se tu non fossi così felice come portinaia 2.0…
    G.

  3. Panzallaria dice:

    dopo il successo di questi due post, sto valutando di scrivere un’intera saga di racconti fantasocialweb 😉 che se no ci si prende troppo sul serio noi dell’internet 😉

  4. Tino dice:

    io mi ammazzo. anzi, no. col mio socio, pure lui bello solido (anzi, mi sa pure più di me) ai fornelli, apriamo un risotrante e vi cucchiaiamo tutti a ritmo di tortelli con il sushi al posto del ripieno. altroché…

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