I kamikaze della socializzazione: timidi che ci provano

Insospettabili, partecipano ad aperitivi, parlano in pubblico, sorridono e lavorano in ambiti fortemente relazionali, apparendo spesso sicuri, vincenti e di parlantina fluente: sono i timidi per natura che – in un momento x della vita – hanno deciso di sfidare la propria indole e buttarsi, kamikaze della socializzazione.

Oggi faccio coming out: anche io sono una kamikaze della socializzazione. Lo sono fin da quando ero bambina. Timida, insicura, perennemente convinta che nessuno mi avrebbe mai notata, oscillando tra la speranza che fosse esattamente così e il desiderio di apprezzamento, con una gran voglia di avere qualche buon amico, ho imparato presto che dovevo forzare la mia natura.

Ho cominciato ad “allenarmi” durante le vacanze estive: ogni anno mi mandavano in colonia e ogni anno, la vera sfida era non morire di batticuore in pullman, ancora prima di partire, per il terrore di passare 15 giorni da sola. Quando sentivo salire quell’ansia, ecco che sapevo che quello era il momento preciso in cui dovevo alzarmi, sedermi accanto a una bambina dalla faccia simpatica e chiederle: “Vuoi diventare mia amica?”. Il tempo – brevissimo – che intercorreva tra la mia domanda e la sua risposta era il baratro in cui io, kamikaze, mi buttavo, sacrificando la vita alla socializzazione.

La voce tremava sempre un po’, lo sguardo era basso fin quando lei non sorrideva per prima ed ero sempre convinta che il martello pneumatico che avevo in petto risuonasse così forte da coprire la mia voce, ma sapevo che quello era l’unico modo, che come un muscolo, dovevo allenarmi e sfidare la naturale inclinazione orsa. Ed era così che poi, come una strana magia, diventavo quella a cui tutti gli altri bambini si “affidavano” e confidavano, certi di trovare in me una persona solare, divertente e disponibile a fare cose matte.

Nel tempo sono diventata brava e con gli anni ho sviluppato una buccia così dura da apparire a molti come una persona estremamente socievole.

Sono consapevole che c’è ancora qualcuno che mi usa come ariete da combattimento, per rompere le fila della diffidenza iniziale in contesti nuovi, perché sa che io non temerò nulla e anzi, sarò in grado di fare la battuta giusta (o anche quella sbagliata, ma al momento giusto) per scaldare l’atmosfera e tessere reti relazionali.

Per forza, sono una kamikaze e i kamikaze questo fanno. Senza pensarci.

Sono consapevole che c’è anche chi – quando mi vede su un palco a tenere uno speech – pensa che io sia davvero una tosta, che abbia una gran cartola e si chiede quale sia il mio segreto per essere così sciolta nel parlare e relazionarmi con tanti estranei.

Eppure.

Eppure ci sono periodi, tipo questo, in cui la kamikaze fa più fatica, ha meno voglia di buttarsi nel baratro e ogni situazione le sembra estremamente difficile.

Metti ieri.

Ieri sono andata con un cliente a fare un sopralluogo per una location dove organizzare un evento. Ero io ad avere messo in moto i contatti. Ed ero perfino consapevole che quella persona con cui ci dovevamo incontrare sapeva chi fossi di nome. Eppure c’è stato un attimo, l’attimo preciso in cui mi sono presentata, nel quale ho sentito di nuovo la voce tremare, la kamikaze ha detto “Banzai!!!” (la kamikaze della socializzazione non va negli aeroporti a farsi saltare e di solito non sparge nemmeno una goccia di sangue tranne quando si emoziona e rovescia un vaso cadendoci sopra!) e 3 pensieri hanno preso il sopravvento:

  1. perché, quando parlo ho una voce del cazzo?
  2. perché mi guarda? Avrò mica una mega caccola che mi spunta da una narice…
  3. adesso cosa dico? Ecco, dirò una banalità, lo so e scoprirà che sono un mega bluff!

E dopo. Dopo sono stata con la mia mamma e la Barbara alla libreria Modo Infoshop che c’era Ugo Cornia che presentava il suo ultimo libro “Buchi”.

Per chi non lo sapesse, a me Ugo Cornia  piace assai come scrittore da quando ha pubblicato il suo primo libro: “Sulla felicità ad oltranza” che ho letto in due notti, dopo che il mio ex moroso mi aveva lasciata e io non lo sapevo ancora, ma stavo per vivere una delle estati più belle della mia vita.

Ecco, io quando sono entrata in libreria e mi sono seduta, ho cominciato a vergognarmi come un cane. Mi vergognavo perché sapevo che non appena Cornia si sarebbe messo a leggere, io avrei fatto gli occhi a cuore, magari mi sarebbe venuto su un uovo di inquietudine e di emozione e non volevo sembrare sciocca.

Poi ho pensato: e se lui, lui si accorge che lo ammiro?

Che è una cosa stupida, cioè, di solito si va alle presentazioni perché si ammira la persona che ha scritto un libro o “una serie di”, ci si va apposta per ascoltarla, per sentire le vibrazioni che ti dà quello scrittore e non si dovrebbe avere vergogna o essere timida e io invece niente, la kamikaze si era addormentata, nascosta, fuggita e alla fine ho comprato il libro e non gli ho nemmeno chiesto una dedica e ho perfino pensato che chi lo fa con me è davvero coraggiosissimo, io muoio di paura ed è buffo, parlo spesso di come ho affrontato la paura ;-).

Perché non so, ma in questo periodo mi è difficile tutto, mi sono difficili le relazioni e mi è anche un po’ difficile credere che sono diventata una persona più sicura, c’è un braccio di carne che è spuntato da sotto la schiena ed è un braccio paffuto della vecchia me che mi tira e mi dice che io, io in questo periodo qua, vorrei essere trasparente.

E allora benedetti siano tutti quegli allenamenti fatti in colonia e in campeggio quando ero bambina.

Che certe volte, i muscoli della kamikaze si intorpidiscono e vorrei sprofondare nel mio buco (non quelli descritti da Cornia) e rimanere in posizione fetale a dormire per qualche giorno o mese.

 

2 commenti
  1. Sara dice:

    Personalmente temo di passare per str***a a causa dell’atteggiamento di chiusura che assumo sempre nelle situazioni sociali. Per fortuna non lavoro in un settore a contatto col pubblico. Il problema è che, almeno nel privato, dovrei provare a sciogliermi un po’. Credo, nonostante la mia veneranda età, di temere moltissimo la percezione che gli altri hanno di me. E poi c’è poco da fare: quando sei esteticamente disdicevole (“Grasso è bello” è uno slogan che poteva andar bene quando mia nonna aveva vent’anni, oggi non ci crede più nessuno, neanche quelli (pochissimi) che per fare gli anticonformisti dicono di crederci), sai già che dopo i primi tre secondi che il tizio/la tizia/tizi ti vede/vedono per la prima volta in vita sua/loro il giudizio negativo è già lì nella sua/loro testa. Dopodiché, lo ammetto, sono molto presuntuosa, e dò spesso per scontato di essere migliore degli altri dal punto di vista umano e culturale, per lo meno quando mi trovo in contesti sociali per così dire “neutri”, tipo ricorrenze banali e mortalmente noiose tipo battesimi ecc.: se vado ad una conferenza su un evento storico o d’attualità, a un incontro con l’autore o ad un cineforum allora il discorso cambia… in quel caso ascolto attentamente, ma non intervengo per non attirare l’attenzione… insomma, sono sempre e comunque un’asociale. Quindi Francesca consolati: io mi sento costantemente come ti senti tu in questo periodo.

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