Potevo essere io: di aria compressa, violenza e obesità

Una volta uno, quando pesavo più di 100 chili, ha fatto un commento con un amico mentre passavo. “Si fa prima a saltarla che a girarle intorno!”. Un’altra volta – stavo portando Frollina alla scuola materna –  mentre passavamo davanti a un bar con dei tavolini all’aperto e tanti anziani, uno di questi anziani ha chiesto (a voce alta, in modo che sentissi) al suo vicino se secondo lui ero solo molto grassa o incinta.

Frollina ha riso e anche io.

Perché a volte quando uno sconosciuto ti umilia pubblicamente per qualcosa di così evidente come il tuo peso, l’unica cosa che puoi fare è ridere. Ridi per non piangere, ridi per non affogare nella vergogna, ridi per non dargliela vinta. Stai quasi al gioco, in qualche modo, perché tu ti senti una persona migliore di tutte queste merdine che giudicano il corpo degli altri. Si, ho scritto e penso “merdine”.

Nessuno mi ha mai infilato un tubo d’aria compressa nel culo, però, quando ero molto grassa.

A un ragazzino di 14 anni è andata diversamente. 3 ADULTI (e sottolineo 3 ADULTI) di 24 anni, ieri hanno deciso di divertirsi un po’ con il “ciccione” e gli hanno sfasciato il colon violentandolo con un tubo di aria compressa.  Intorno a loro un sacco di gente a filmare la simpatica scenetta.

Il ragazzo è in prognosi riservata all’ospedale mentre i genitori dell’esecutore materiale difendono il gesto del figlio: “Era solo uno scherzo, un gioco”.

Ne abbiamo fatti tutti di scherzi, a 24 anni. Per esempio a me una volta mi hanno fatto fare una chiamata in diretta radio, che ancora dormivo. Un’altra volta sono stata io a tappezzare la casa di un’amica, per scherzo, di carta igienica.

Ma no.

Infilare una pistola d’aria compressa nel culo di una persona non è uno scherzo.

Per altro, ecco, a 24 anni non si dovrebbe avere bisogno della mamma e il papà che ti difendono: sei adulto, responsabile delle tue azioni, dovresti dircelo tu che cosa stavi facendo e perché.

Ma quelli che mi colpiscono sono i corresponsabili di questo gesto, ovvero i tanti che – smartphone alla mano – filmavano tutto o i passanti che ridevano, senza alzare un dito.

Insomma, quelli che mi colpiscono di più sono i tanti “noi” presenti: perché – come dico ai ragazzini a scuola, quando vado a fare educazione digitale e contrasto al cyberbullismo – per sviluppare anticorpi a questo genere di fenomeni, non basta puntare il dito, non basta dire “Io non lo avrei mai fatto!”.

Facile a conti fatti, quando si conosce tutta la storia, quando la cronaca ha già dato giudizi e trovato colpevoli.

Ma proviamo un attimo a metterci nei panni di uno che passa di lì per caso, magari  ha fretta, e viene richiamato da risate e urla.

C’è folla, c’è gente che ride.

Sembra quasi di stare al cinema.

Questo tizio che potremmo essere noi per un attimo rallenta il passo, guarda, capisce che sta succedendo qualcosa.

Questo tizio però ha fretta. Tutti ridono. Cosa starà mai succedendo? Probabilmente una ragazzata e lui deve rientrare a casa per preparare la cena.

Mettiamo poi che questo tizio, dentro le cui braghe ci siamo messi, è un ragazzino, non deve tornare a preparare la cena, non ha nemmeno tanta fretta a essere chiari.

Questo tizio, frequenta la scuola media o quella superiore, non lo so, non glielo ho chiesto,  magari ci ha pure un moto di disgusto.

Quelli “popolari” della scuola però ridono, quelli “popolari” della scuola però filmano. Sembrano allegri. Il ciccione è davvero uno sfigato.

Che senso ha – pensa il tizio – che io mi metta a urlare all’ingiustizia che poi finisce che me li metto tutti contro e la mia vita sociale è rovinata?

Ecco, io credo che noi dobbiamo tutti fare uno sforzo per pensarci a lungo dentro a una scena così, per chiederci cosa avremmo fatto e cercare di essere il meno ipocriti possibile.

Perché fino a quando daremo la colpa al contesto sociale “E’ successo in un quartiere degradato di Napoli, bella forza!” o ai genitori “Con un’educazione così, cosa vuoi che facciano certi individui?” o a una certa ideologia (il post è bello e condivisibile, ma io sul finale non sono tanto d’accordo) saremo sempre costretti a una ripetizione infinita di questi eventi.

Magari non cambia comunque un cazzo, ma l’unica cosa che mi sento di potere fare io è quella di affrontare questa bestia nera come qualcosa di connaturato anche a me, per capire come domarla e come cercare – nel mio piccolo di mamma – di fare in modo che Frollina non si senta mai nel diritto di giudicare gli altri e condannarli.

Viviamo in un mondo dove è quasi sempre tutto bianco o nero, lo vediamo in politica (“O sei con me o sei contro di me”), lo possiamo osservare – molto banalmente – su facebook: scrivi una cosa e c’è sempre qualcuno pronto a giudicare, a dire che è sbagliata o a credere che un commento estemporaneo al flusso della vita sia qualcosa di assoluto e dunque che sia lecito incasellarti.

Viviamo in un mondo dove le deviazioni allo standard spaventano, sono perseguibili: una persona grassa deve per forza essere stupida, una persona grassa deve per forza meritarsi di essere presa (in questo caso letteralmente) per il culo.

Lo dico anche per esperienza personale. Sono stata molto grassa. Oggi sono normopeso. Sono dimagrita abbastanza bene da non sembrare (fisicamente) di avere un passato da donna obesa. Ora qualcuno mi dice di fermarmi, di non diventare anoressica. Come se – per forza – se si cambia molto, si debba passare dall’altra parte della barricata e costringersi a stare male di nuovo, in un modo nuovo. So che la percezione della sottoscritta da parte degli altri è cambiata, so che per la maggior parte delle persone che conosco quel che ho fatto è ammirabile, stimabile. So che i miei amici sono felici. Ma vedo in alcuni anche la paura. La paura del nuovo, la paura del cambiamento.

Così come, quando ero molto grassa, riuscivo a vedere altre cose, alcune belle, altre brutte. E li sentivo quei giudizi lì, tagliati con l’accetta, dei tanti sconosciuti che incontravo sul mio percorso e che mi davano un colpo d’occhio e immediatamente decidevano due cose, ovvero che ero debole e stupida.

E no, non sono paranoie.

Credo che chi – come me – ci è passato, sappia bene l’umiliazione, sappia bene la vergogna, sappia bene la paura di confrontarsi con la certezza di avere perso in partenza.

Ma nemmeno io sono immune. Nemmeno io mi sento esente dalle tante domande che una storia terribile come questa mi pongono.

“Cosa avrei fatto io se fossi passata lì davanti?”

“Sono certa al 100% che mi sarei fermata, avrei chiamato la polizia, avrei fatto DAVVERO qualcosa per aiutare questo ragazzino?”.

Rispondermi che no, non ne sono certa, è l’unico modo che ho per rimanere una persona resistente.

 

 

13 commenti
  1. Stefano dice:

    Cara Francesca,

    grazie per quello che scrivi. Mia moglie, che amo follemente e che illumina la mia vita da venticinque anni, è stata anche lei obesa, e ora è normopeso; l’aneddoto che preferisco è quello di quando una volta era andata a prendere a scuola la figlia maggiore, capitando nel crocchio di mamme che stavano parlando proprio di lei, prendendo in giro la cicciona. Col passo da gatta che ha sempre avuto, è arrivata silenziosamente dietro, si è rivolta alla capocrocchio e le ha detto: “Io posso sempre dimagrire. Tu, stronza sei, e stronza resti”, ha voltato le spalle al crocchio ammutolito e se ne è andata.

    Inutile dire che condivido in pieno il disgusto per il fatto di Napoli, e praticamente quasi tutto quello che tu scrivi a commento.

    Quanto alla domanda finale: non so dirti cosa avrei fatto io. So dirti cosa avrebbe fatto lei, mia moglie. Lei si sarebbe scagliata addosso ai tre, lei non ha paura di nulla, è una ex-maschiaccio che da ragazzina faceva a sassate coi maschi, e anche se con l’età si è tranquillizzata, le è rimasto dentro uno spirito indomabile che davanti a una cosa del genere non si sarebbe fermato.

    Sono convinto che non si risponde alla violenza con la violenza, e ne è convinta anche mia moglie. Ma fermare un omicidio è dovere di chiunque, e quello dei tre giovani uomini contro il ragazzino inerme era un tentativo di omicidio.

  2. Panzallaria dice:

    ciao Stefano,
    scrivi delle cose bellissime di voi due e di tua moglie 😉 E l’aneddoto che racconti, sul crocchio delle mamme, mi ha commossa 😉 Io non ho avuto mai il coraggio di rispondere a tono in situazioni del genere (e me ne sono capitate), per ciò tanta stima e ammirazione.

    Ieri quando ho letto questa storia ho pianto sai? Il mio è un post molto provocatorio, ma quando hai attraversato sulla tua pelle questo genere di discriminazioni, ti sembra di sentire bene dei sentimenti (anche di persone che non conosci, che sono in quella situazione). Penso da ieri a questo ragazzino, a come sarà la sua vita da oggi in poi e so che ci sarà una lunga salita da fare e mi viene male, malissimo, a pensarci.

    E non solo per il danno fisico che gli hanno procurato.

    Io dico sempre che essere stata obesa faceva parte del mio percorso e non lo credo solo per questioni intime, ma anche perché in fondo mi ha permesso di capire tante cose, anche degli altri e della relazione con gli altri, che altrimenti forse non avrei imparato così intensamente. E anche questo spero di insegnare alla mia bimba 😉

  3. Paolo1984 dice:

    il ragazzino poteva essere magrissimo o molto studioso o imbranato o tifare una squadra diversa dalla loro e l’avrebbero aggredito comunque. Certa gente si aggrappa ad ogni minimo pretesto per sfogare la propria stupidità e cattiveria

  4. Anna dice:

    Anche io ho un passato da “grassottella” anche io mi sentivo a disagio anche solo a camminare per strada. Certo, il mio ragazzo mi ha sempre detto che quei chili in più erano distribuiti bene, e che ero semplicemente formosa, ma io non mi sentivo a mio agio. Mi è scattata la molla quando ho capito che non ero a mio agio non perchè gli altri mi giudicassero male, anzi, più loro mi indicavano, più io mangiavo schifezze. Ho capito che non potevo ribellarmi alla società in quel modo malsano e che dovevo star bene con me stessa. Le persone che mi vogliono bene mi son state vicine e mi hanno aiutata a combattere contro quei chili che non mi facevano star bene e ora sono in pesoforma. E davanti a quest’abuso della società son davvero allibita! Ho un compressore ad aria e a questi 3 dementi di 24 anni che hanno commesso un’atrocità simile nei confronti di un povero adolescente, lo infilerei nel naso fino a far scoppiare loro il cervello come un palloncino, perchè tanto è vuoto! Spero che genitori e figli, e tutte quelle persone che ridevano e filmavano anzicchè avvertire le autorità dovrebbero essere additate e marchiate. Dovrebbero vergognarsi a camminare per strada. Perchè i chili in più si possono perdere, ma quella cattiveria nel sangue no. Scoppiate scoppiate PALLONI GONFIATI!

  5. speranzah dice:

    Conoscendomi, sarei intervenuta. Avrei chiamato aiuto. Non sarei passata indifferente. Mi è capitato altre volte a ritrovarmi a urlare a degli imbecilli. Dopo ho avuto paura, ma dopo.
    Quello che mi fa orrore e spaventa di più è l’atteggiamento dei genitori dei malfattori. Da lì si capiscono tante cose e dovrebbero essere puniti pure loro per non aver saputo educare i propri figli.

  6. Lara dice:

    Non sei certa che ti saresti fermata?
    Che avresti fatto qualcosa per aiutare quel ragazzino?
    Mi sfugge il nesso tra incertezza e resistenza.

    • Panzallaria dice:

      Ciao Lara, ovviamente il mio è un post provocatorio. E essere resistente per me significa accogliere anche la paura del diverso, che abbiamo avuto tutti, senza liquidare il mondo come una lotta tra bene (assoluto) e male (assoluto). Per me è questo essere resistente, non cercare la facile via (sono brava e buona e questi sono solo mostri!) ma affrontare anche quel lato oscuro lì. Poi è chiaro che come la maggior parte di noi avrei fatto ben più che fermarmi. Ma non c’ero, personalmente mica posso esserne certa. L’indifferenza è spesso l’oppio dei popoli e non escludo che in certi casi sia stato anche il mio 🙂 non darla per scontata come qualcosa che in assoluto non mi appartiene è l’unico modo che ho per non essere indifferente 🙂

  7. Mammamsterdam dice:

    Io ci sto pensando da quando ne ho letto e prima, da quando leggevo commenti in giro e mi dicevo: non voglio sapere i particolari. E in questi giorni ho accompagnato spesso figlio 1 a scuola in macchina e abbiamo parlato parecchio di bullismo, di vittime, di colpevoli. Lui adesso che ha cambiato scuola sta elaborando parecchio il passato, e io lo capisco quel moto di rabbia per cui ti chiedi: ma perché proprio a me, perché sono così stupidi, che gusto c’ è a far male? La cosa bella della sua nuova scuola è che ci lavorano tantissimo e creano un clima in cui ognuno può parlarne. Non solo lui ha detto subito all’ insegnante che fa da mentor alla sua classe i guai che ha passato, ma l’ ha fatto di fronte a tutti la ragazzina che alle elementari ha potentemente bullizzato un’ altra senza riflettere mai o rendersi conto. Gli hanno fatto farse degli psicodrammi fantastici per cui tutti hanno detto la loro senza giudicare o venir giudicati, ma usando il racconto degli altri per una riflessione su se stessi.

    insomma, spero in due giorni di discussioni sul culo di Belen così mi riprendo un attimo troppa introspezione e troppe riflessioni non mi fano bene.

  8. Rosj dice:

    Passeggiando un giorno a Cuneo una ragazza dice”ei tu spostati sacco di ciccia”il ragazzino davanti non sente ma io sì. Mi sono girata e le ho detto:” c’è chi la ciccia cè là sulla pancia, e invece chi c’è là nel cervello”. I ragazzi che le stavano intorno l’ hanno guardata con un senso di pietà e si sono dissociati immediatamente. Mi ha fatto piacere.

  9. AntonellaVì dice:

    Anche io so cosa significa essere derisa perchè in sovrappeso, a volte anche dagli stessi familiari. La certezza di essere sgradevole in qualsiasi ambiente è di per se’ la convinzione di dover perdere in partenza, specie nel lavoro. Questo purtroppo è un mondo nel quale l’estetica, l’apparenza conta molto apprezando gli ivolucri fino a farti dimenticare le persone. E’ terribile ciò che è accaduto ma tutto è reso ancora più crudo dalla superficialità dei noi presenti e dai genitori che del tipo che parlano di gioco. Io da genitore i sarei vergognata come una ladra. Io so come i comporterei,metterei fine o almeno cercherei di farlo. Lo so, per certo, perchè l’ho fatto. Grazie per questo post e felice di essere capitata fra le tue righe.

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