La sedentarietà mentale: ecco la vera nemica
Mi sono ammalata.
In una delle settimane più impegnative dell’ultimo periodo, ovviamente, mi sono beccata l’influenza. La constatazione di non stare bene, di sentire il fuoco nel petto e il moccolo quasi ovunque, non ha cambiato il fatto che ho dovuto prendere molti treni, svegliarmi molto prima dell’alba (4.30), tenere il workshop di scrittura autobiografica a mano e presentare A due passi dalla meta, il mio ultimo libro.
Il mio corpo ha retto il colpo e per evitare di prendere la febbre, non me la sono mai provata: lontano dall’ascella, lontano dai pensieri!
Lunedì scorso, prima di partire per questo tour de force che si è concluso domenica, sono andata dalla mia naturopata/farmacista e le ho chiesto di spacciarmi tutte le bombe omeopatiche intelligenti che poteva contenere il suo negozio: a fine giornata ero più speziata di un tacchino ripieno.
Ovviamente non ho fatto sport.
A malapena riuscivo a reggermi sulle gambe. Tutte le energie erano convogliate a cercare di usare la voce, comunque, anche se tosse e raffreddore mi avevano resa afona. Fare lezione per 8 ore e essere afona: una sfida per vere super eroine moderne.
I giorni sono passati. Veloci se ci penso ora, lentissimi mentre li vivevo. La presentazione di A due passi dalla meta, benché 8 minuti prima di iniziare mi trovassi già in stazione, pronta a partire per qualche posto lontano, è stata una grande emozione e c’erano tante persone (Tino ne ha contate 102, non scherzo!) e niente, ero molto orgogliosa di questo bambino che ora è in tutte le librerie. Ero poi felice dell’affetto delle persone e di quello di Francesca Mazzucato, che era arrivata apposta, per presentare me.
Dicevo che non ho fatto sport.
Ho cominciato a sentirne davvero la mancanza domenica: prima ero davvero troppo debole. Domenica, ancora mocciolosa, una parte di me si sentiva un leone in gabbia. Da quando ho fatto la muta credo sia la seconda volta appena che mi capita di non fare movimento così a lungo: un’intera settimana mi è sembrata un’eternità.
Eppure, con questo clima, con tutto che ero molto stanca, una piccola parte di me stava cominciando a sedersi, a considerare un gran privilegio poter rimanere spanzata sul divano (malgrado si sia trattato di un attimo fuggente domenicale).
Una parte di me ha rivissuto, pari – pari, la sensazione pre muta, quel senso di appagata pesantezza del corpo che cerca solo il pigiama e che non ha nessuna voglia di uscire all’umido dell’autunno.
Mi sono ricordata tutte le mattine della mia vita passata, quando – dopo avere accompagnato Frollina all’asilo e a scuola -tornavo a casa, infilavo la mia tuta e mi mettevo al computer: un po’ di lavoro, un po’ di facebook, un po’ di scrittura, un po’ di cazzeggio.
Ogni tanto mi dicevo che avrei potuto uscire a fare una passeggiata, ma c’era sempre troppo lavoro, c’era sempre un impegno familiare, c’era sempre troppo freddo.
Mi svegliavo al mattino, esattamente come è successo oggi, con la schiena rigida, i muscoli molli e un senso diffuso di estraneità al mio corpo. Ma andava bene così, non riuscivo a intravedere nessuna soluzione.
Oggi sono andata in piscina. Oggi sono tornata all’acqua. Ho ancora un po’ di raffreddore, ma ormai conosco abbastanza il mio corpo da sapere che in questa fase la piscina mi fa bene.
Non ne avevo molta voglia, mi sono forzata. Non ne avevo molta voglia perché era freddo, io avevo da lavorare e oggi pomeriggio devo pure andare dal dentista: se non ce la faccio a fare tutto? È proprio necessario infilarci in mezzo anche un “diversivo” come la piscina?
Stava già parlando il fantasma della vecchia me, quella sedentaria, quella che trovava mille giustificazioni. “Ci andrai domani!” mi diceva.
Ma io non sono più così, ho impresso nelle gambe e nel cervello il piacere che provo durante e dopo lo sport. Come un automa ho silenziato la vecchia voce stanca che mi chiamava dal divano e ho preparato il mio borsone, accompagnato mia figlia, preso il caffè con la mia amica e poi mi sono diretta verso la piscina olimpionica.
Come un automa ho infilato il costume, chiuso l’armadietto, messo cuffia e occhialini e fatto la doccia.
Poi.
Poi sono arrivata in vasca. Un’enorme vasca. Dieci corsie da 50 metri l’una. Un’enorme vasca da dieci corsie, completamente vuota. Tutti al lavoro, io lì.
Ho sentito l’odore del cloro. Il cloro mi ha aperto i pori, specie quelli della mente. Il cloro: il compagno dell’adolescenza, l’amico dei quarant’anni.
In un attimo ero in acqua. I muscoli erano un po’ intorpiditi da una settimana di inattività, le prime 10 vasche hanno cercato spazio e tempo per riprendersi. Sentivo i peli sulle gambe e sulle braccia, sentivo la pelle pizzicare, il sangue scorrere, la potenza dei lombi.
Sentivo tutta quanta me. Ho nuotato, nuotato e nuotato. Ho fatto stile libero, dorso, rana e perfino delfino. Solo braccia. Solo gambe. Silenzio d’ovatta intorno, azzurro sopra, sotto e dentro. Colore liquido del pensiero, idee che si immergono, riemergono, tornano giù. Silenzio. Rumore. Silenzio. Fischio. Attutito.
Il libro, il corso, nuovi clienti, l’idea che mi è venuta, le piscine, il 1992, la spesa, non ho verdura, dentista, devo perdere questi tre chili, ma va là che sto poi bene, che voglia di fermarmi, che voglia di partire, una poesia, un racconto, un libro da finire, quel cliente, l’appuntamento, la telefonata, la mappa per il 2017, sta crescendo, mamma mia se sta crescendo, il sorriso, compleanno, anni che passano, autunno come ti amo, gambe, catarro, che figa che sono che ho smesso di fumare, bello il libro di Catalano, cavoli quante cose nella leggerezza, la curiosità, l’agilità, ora faccio braccia, no adesso gambe, come sto bene, chissà perché mi fa male il braccio, guarda come sguscio sicura, l’acqua, mamma, padre, Paolo, Roberto, le ere, i sogni.
Ok, ne ho fatte 44 di vasche, possono bastare.
Risalgo.
Muscoli nuovi, cervello nuovo, una nuova voglia di fare, scrivere, andare.
Dritta come un fuso, andare. Verso il prossimo momento della mia vita.
No. Non sarà più come prima, fin quando potrò.
No, io sono una che si muove, specialmente con la testa.
oggi ho comprato il tuo libro, perchè giovedì scorso avrei tanto voluto venire alla presentazione ma ero su un aereo di ritorno da Valencia,
dove ho festeggiato i miei primi 50 anni (e mi stimo a dirlo, erano 20 anni che non salivo più su un aereo e … boh… non era paura, ma non so neanche io cosa mi frenasse….)!
e adesso leggo questo bel post, che mi ha ricordato che la “malinconia da divano” porta solo ad altra malinconia….per cui via, anche se pioviggina, anche se la stagione fa pensare più alle copertine che alle passeggiate, lasciamo un po’ la macchina parcheggiata e guardiamo le foglie cadute, quelle che stanno cadendo, le gocce…
voglio che questo autunno lasci il segno, e sono pronta, libro in borsa e scarpe giuste, via!
(comunque, fra piscina e dentista, io avrei al 100% mollato il dentista…..dove per altro andrò tante volte in novembre….ahi ahi ahi)
(parentesi bis, poi ti scriverò alla fine della lettura, intanto grazie per averci raccontato e condiviso tante cose!)
Cara Francesca…rispondo a questo post ma vedo anche da altri che abbiamo molte cose in comune: scrivere, correre, volersi bene, coltivare la propria creatività, farsi del Bene è fare del Bene…due dei miei figli studiano a Bologna e sto cominciando ad amare questa morbida e vivace città…che dire allora. felice di avere a qualche km di distanza una sorella maggiore (non per età ma per esperienza scrivente) che mi ricorda che non sono sola ma che c’è spazio per tutte!! Ti aspetto sul mio blog piccolino…ad majora!!
Benedetta
ciao Benedetta, che bello questo commento un po’ “vintage” di conoscenza blog! Grazie dei complimenti e in bocca al lupo a te per il tuo blog, vengo a trovarti.